La compilation elettronica “BolognaSound Vol. 1” esce oggi per Slowth Records

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BOLOGNA – Slowth Records è un’etichetta discografica indipendente fondata nel 2020 a Bologna dai musicisti e compositori Mattia Loris Siboni, Matteo Pastorello e Niccolò Salvi. La loro attività artistica si sviluppa in diversi ambiti, tra cui quello dell’improvvisazione portato avanti anche come membri di Minus – Collettivo d’Improvvisazione. Slowth Records si occupa di diffondere e promuovere musica sperimentale e nasce della necessità di fornire risonanza alle nuove espressioni musicali tramite molteplici canali di veicolazione. Il bradipo, scelto come figura-chiave per il logo, non incarna lo spirito dei nostri tempi frenetici ma vi si oppone con fermezza invitando a un ascolto attento, per questo il nome dell’etichetta è un semplice gioco di parole tra “sloth” (bradipo) e “slow” (lento).

BolognaSound Vol. 1 è la prima pubblicazione di Slowth Records, disponibile da oggi 18 dicembre 2020 su tutte le piattaforme digitali, ed è una compilation di cinque brani inediti che getta per l’appunto luce sulla nuova scena elettronica sperimentale della città di Bologna.

I musicisti coinvolti per questa prima occasione sono il duo elettronico Njordzitrone, il compositore, musicista e performer Federico Pipia (Yamane, BlackCap, Minus – Collettivo di Improvvisazione), il compositore, improvvisatore e DJ Daniele Carcassi (Abo, Elettronica Collettiva Bologna), il musicista, compositore e artista visivo Marco Menditto e il musicista, compositore e improvvisatore Simone Faraci (TREE – Tempo Reale Electroacoustic Ensemble, Minus – Collettivo di Improvvisazione).

Ma cos’è di preciso questo BolognaSound? La definizione è stata coniata da Francesco Giomi, compositore e regista del suono, collaboratore tra gli altri di Luciano Berio, direttore dello storico centro di ricerca, produzione e didattica musicale Tempo Reale di Firenze e professore di Composizione Musicale Elettroacustica al Conservatorio di Musica di Bologna. Ecco la presentazione da lui stesso scritta.

«Bologna è oggi una città dalla grande vitalità musicale, soprattutto nel campo della ricerca sonora, della sperimentazione elettronica, e di tutte quelle espressioni che escono dai canoni convenzionali.

Il BolognaSound si è quindi sviluppato e diffuso attraverso questo fertile terreno della cultura cittadina, ma è stato sicuramente generato a partire dall’ambito accademico, inteso qui nella sua migliore accezione: un ruolo fondamentale negli ultimi quindici anni l’ha giocato infatti la Scuola di Musica Elettronica del Conservatorio “G. B. Martini”, in grado di costruire un’idea di musica fatta di profondità, pratica, apertura e rete di relazioni.

BolognaSound non è però una corrente o un collettivo artistico, bensì un modo comune di intendere il pensiero musicale, pur nella singolare diversità di espressioni, qualità e approcci. Ammesso che sia possibile vincolarlo a una sorta di manifesto, esso è riassumibile in cinque punti:

  • attinge dalla migliore tradizione acusmatica anglo-francese (quella di Parmegiani, di Smalley, di Wishart, per intenderci) recependone la possibilità di controllo e costruzione morfologica del suono, così come le capacità evocative e di indagine sullo spazio;
  • incorpora germi più o meno estesi dalle espressioni techno e noise, riconoscendone il valore tanto in ambito culturale quanto in quello puramente sonologico;
  • riattualizza costantemente i propri tratti di energia, potenza e freschezza tanto nell’ambito del suono fissato su supporto che della musica dal vivo;
  • sintetizza dinamicamente il rapporto tra struttura formale e improvvisazione grazie a una consapevolezza storico-analitica e a una gestione del fare musica sempre priva di atteggiamenti superficiali;
  • guarda a un respiro internazionale confrontandosi con esperienze di punta della ricerca extra-italiana.

Per tutte queste caratteristiche si affianca ai molti fermenti di novità della musica elettronica che emergono da più parti in Europa, in Canada, in Asia e che, in questo momento di stagnazione del progresso linguistico e di affermazione statica di un mainstream, rappresentano un elemento di grande interesse e speranza per chi si occupa di ricerca musicale.

Questo disco è un emblema significativo del BolognaSound, raccogliendo una pluralità di interessanti creativi, dai compositori più maturi (come Faraci e Carcassi) fino a giovani musicisti la cui energia musicale sembra essere appena all’inizio (Pipia e Menditto), passando per la comunione di generi ed espressioni che solo Njordzitrone sembra incarnare in maniera perfetta».