Analizzando la psicologia del viaggio sulle orme di Goethe in Italia e a Ferrara

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Giovedì 18 maggio, alle ore 16.30,  conferenza di Stefano Caracciolo (docente di Psicologia Clinica all’Università di Ferrara)  nella sala Agnelli della biblioteca comunale Ariostea in via delle Scienze 17

caracciolo-viaggioFERRARA – Sarà dedicata al viaggio in Italia e a Ferrara di Goethe, con cenni sulla psicologia del viaggio, la conferenza di Stefano Caracciolo (docente di Psicologia Clinica all’Università di Ferrara) in programma giovedì 18 maggio alle 16.30 nella sala Agnelli della biblioteca comunale Ariostea (via delle Scienze 17, Ferrara).

L’appuntamento, aperto alla partecipazione dei tutti gli interessati, è inserito nel ciclo ‘Anatomie della Mente’ giunto quest’anno alla decima edizione e organizzato in collaborazione con la Sezione di Psicologia Generale e Clinica della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Ferrara.

LA SCHEDA a cura degli organizzatori

Quinto appuntamento di un percorso di viaggio all’insegna della narrazione di vicende e storie di grande interesse scientifico e culturale. Il ciclo si concluderà il 15 giugno con “Altri mondi. Psicologia della Fantascienza da Jules Verne e H.G.Wells fino al cinema contemporaneo”.

Johann Wolfgang Goethe arriva a Ferrara il 16 ottobre 1786. Viene da visite a Venezia, Verona e Vicenza, viaggia su un barcone trainato da cavalli che corrono sugli argini di canali e rami del Delta del Po, con una gran fretta sulla strada che lo porterà prima a Firenze, a lungo a Roma, poi a Napoli, in Sicilia e infine, oramai sulla via del ritorno, di nuovo a Firenze, nel maggio di due anni dopo. E’ fuggito alla chetichella alle 3 del mattino dalla compagnia di amici della Corte di Weimar con cui aveva festeggiato il suo trentasettesimo compleanno a Carlsbad e che non volevano lasciarlo andare via. Ma perché viene in Italia? E perché si ferma a Ferrara? In ultima analisi, perché Goethe vuole viaggiare? Il viaggio non è solo uno spostamento da un punto all’altro del pianeta.

La storia della intera umanità si impernia sui viaggi e sugli spostamenti di individui, gruppi e popolazioni. Dal nomadismo primitivo, tribale e basato sulle esigenze più semplici, come mangiare e dissetarsi, il percorso dell’umanità è arrivato alle società stanziali solo dopo lo sviluppo delle tecniche agricole e di allevamento di bestiame, che impongono – e consentono – di restare fermi in un luogo. Se per un nomade la vita è un viaggio continuo, per le popolazioni stanziali il viaggio prevede una partenza, una meta e poi il ritorno a casa. Dal viaggio di Ulisse in poi inizia il viaggio che prevede un ritorno e implica il dolore della nostalgia: essere lontani da casa.

Esistono dunque nella storia umana viaggi della tradizione religiosa, i pellegrinaggi, in cui ci si mette in cammino per una meta che è trascendente, ma anche i viaggi di esplorazione in cui, fra i tanti, prima Ulisse, poi Cristoforo Colombo e più tardi Charles Darwin sfidano le avversità della natura per scoprire nuovi universi. E nel viaggio si cambia, al ritorno non si è più gli stessi. Come scrisse il grande viaggiatore Bruce Chatwin “L’uomo è nato nomade. E, anche per la parte di umanità, la stragrande maggioranza, che ha scelto la vita stanziale le istruzioni codificate nei geni si sono mantenute e lo spostamento è rimasto un’attività fondamentale.”

Solo nel 1600 nasce nel nord Europa la abitudine del “Grand Tour” che può essere considerato il primo esempio di turismo, come pratica dell’aristocrazia che vuole aumentare la propria conoscenze culturali, visitando paesi stranieri, soprattutto la Grecia e l’Italia, dove si trovano le maggiori testimonianze storiche ed artistiche. Per questo Goethe scende in Italia e visita tutti i luoghi pieni di storia, con attenzione particolare per le reminiscenze letterarie.

A Ferrara arriva, come già Michel de Montaigne, seguendo le orme di Ludovico Ariosto e di Torquato Tasso, spinto da interesse e curiosità insite nella sua personalità, tanto da poter scrivere una tragedia, appunto il “Torquato Tasso”, ambientata naturalmente fra la Corte Estense e la Delizia di Belriguardo, in cui il protagonista è Tasso ma anche un po’ Werther e certamente anche se stesso, che nella Corte di Weimar e in successive fasi della sua vita ha affrontato, come poeta e letterato, molte vicissitudini psicologiche e biografiche molto simili.

E come si vedrà nell’incontro di Anatomie della Mente di giovedì prossimo 18 maggio, dopo aver visitato la città, passeggiato sugli argini del nostro grande fiume, esplorato non senza delusioni il Carcere di Tasso e la Tomba di Ariosto (allora collocata nella Chiesa di San Benedetto) ha anche percorso i corridoi e perlustrato gli spazi proprio di quel Palazzo Paradiso che ospita la nostra Biblioteca Ariostea.