La città di Bologna celebra il 76° anniversario della Liberazione, l’intervento dell’assessore della Regione Emilia-Romagna Irene Priolo

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BOLOGNA – Domenica 25 aprile 2021 la città di Bologna ha celebrato il 76° anniversario della Liberazione. La commemorazione ufficiale si è svolta in piazza del Nettuno, davanti al Sacrario dei Caduti Partigiani. Dopo gli interventi del Sindaco Virginio Merola e della presidente dell’Anpi di Bologna Anna Cocchi, ha preso la parola Irene Priolo, assessore all’ambiente, difesa del suolo e della costa, protezione civile della Regione Emilia-Romagna.

“Buon 25 aprile e buona festa della Liberazione a tutte e tutti.
Saluto e ringrazio per l’invito il Sindaco Virginio Merola, che ha voluto riservarmi questo onore, nel suo ultimo anno di mandato, la Presidente dell’Anpi Anna Cocchi, amica di tante battaglie e sempre presente nei percorsi e progetti che parlano di legalità e democrazia. E ringrazio di essere qui con voi, in questo giorno così particolare e speciale.

Sono molto emozionata di prendere la parola, in questa Piazza simbolo dell’antifascismo e della Resistenza. Emozionata e orgogliosa come lo sono stata in occasione di tutte le commemorazioni celebrate in 10 anni da sindaco di un Comune che, come Bologna, ha donato il sangue per la libertà, e orgogliosa di aver avuto il privilegio di servire come assessore prima questa città e adesso la Regione Emilia-Romagna. Una regione che, fin da bambina, mi ha cresciuta a pane e Resistenza. Il cuore mi batteva quando alle finestre di tutte le case vedevo sventolare la nostra bandiera tricolore, un senso di appartenenza ad una grande storia, fatta di valori e di battaglie, di donne e uomini , allora poco più che adolescenti.

Sono emozionata anche perché il 25 aprile è la festa che ci permette di avere tutte le altre feste.
Vittorio Foa in una intervista disse: “A me è capitato, una volta, di partecipare ad una trasmissione televisiva insieme ad un senatore, Giorgio Pisanò, esponente tra i fondatori dell’MSI, eletto senatore per 5 legislature, che faceva dei grandi discorsi di pacificazione. Io lo interruppi dicendo: ‘Un momento. Se si parla di morti, va bene. I morti sono morti: rispettiamoli tutti. Ma se si parla di quando erano vivi, erano diversi. Se aveste vinto voi, io sarei ancora in prigione. Siccome abbiamo vinto noi, tu sei senatore’ ”.

Ecco la differenza, ecco cosa è stato l’antifascismo, che ha saputo unire la parte migliore del popolo italiano, perché il Comitato di Liberazione nazionale era composto da rappresentanti del Partito Comunista Italiano (PCI), della Democrazia Cristiana (DC), del Partito d’Azione (PdA), del Partito Liberale Italiano (PLI), del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP) e del Partito Democratico del Lavoro (DL). Fu un’esperienza che per ampiezza, rappresentatività ed estensione, fu anomala e peculiare eredità della Resistenza italiana.

Quando Calvino nel 1964 riscrisse la prefazione a “Il sentiero dei nidi di ragno” uscito nel 1947, usò queste parole: “Così mi guardo indietro, a quella stagione che mi si presentò gremita d’immagini e di significati: a guerra partigiana, i mesi che hanno contato per anni e da cui per tutta la vita si dovrebbe poter continuare a tirar fuori i volti e ammonimenti e paesaggi e pensieri ed episodi e parole e commozioni”.

Ecco perché ancora oggi è nostro dovere continuare a celebrare la Resistenza e rendere omaggio ai suoi protagonisti, i partigiani, grazie al cui sacrificio abbiamo la possibilità di vivere in un Paese libero.

Ho trovato in tal senso di straordinaria bellezza l’iniziativa richiamata dal Sindaco e promossa dall’Anpi di Bologna di collocare alle porte della città i volti di 12 Partigiani, abilmente ritratti da Antonella Cinelli, abbinandoli ai primi 12 articoli della nostra Costituzione.

E “Ciò che resiste”, titolo di questa meritoria iniziativa, è proprio la nostra costituzione, essa stessa parola di 12 lettere, vera e permanente eredità dell’antifascismo. Una costituzione che fu un vero e proprio programma politico di diritti che ancora oggi sono da affermare e conquistare.
Parlando di Memoria però vi chiedo e mi chiedo: quale futuro potremmo avere senza memoria?

Vedete, come Regione Emilia-Romagna abbiamo deciso di piantare 4 milioni e mezzo di nuovi alberi sul nostro territorio. Abbiamo chiamato questo progetto “Mettiamo radici per il futuro”, ma è certamente vero che un popolo senza memoria è un popolo senza futuro.
E la costruzione di una memoria, collettiva e privata, che possa dare ossigeno, futuro e speranza alle nuove generazioni, ai giovani, perché siano, a loro modo partigiani, perché prendano in mano il testimone della Resistenza e lo facciano diventare uno strumento di rielaborazione ed analisi, non è né scontata né banale.

In un interessante saggio, tanto vero quanto crudo, Bauman precisa chiaramente che l’ipotesi secondo cui i responsabili dell’olocausto rappresentano una ferita o una malattia della nostra civiltà e non il suo prodotto terrificante ma coerente, sfocia non soltanto nella consolazione morale dell’autoassoluzione, ma anche nella tremenda minaccia dell’inerzia morale e politica. Che l’olocausto fu il prodotto specifico dell’incontro tra le vecchie tensioni che la modernità aveva ignorato, trascurato o mancato di risolvere, e i potenti strumenti di azione razionale ed efficienti creati dallo sviluppo della modernità stessa.

Ecco perché la memoria non può essere un mero esercizio di ricordo, dovuto e necessario, dove appunto la discussione sulle colpe si traveste da analisi delle cause.

Per questo dobbiamo avere il coraggio di riconoscere quanto il fascismo sia stato radicato nella società italiana. Questa consapevolezza non sminuisce il riconoscimento verso chi ha avuto il coraggio di opporsi, anche negli anni di massimo consenso al regime, ma rappresenta la condizione per evitare che si ripropongano in Italia le condizioni per derive autoritarie. Il fascismo è salito al potere con la violenza, ha scritto le pagine vergognose delle leggi razziali, ha trascinato il Paese in una guerra terribile, ha rappresentato la prima esperienza di un movimento reazionario a livello europeo, di cui è stato espressione anche il nazismo hitleriano. Un disonore e una vergogna che è stata riscattata da chi si è battuto per la libertà nella Resistenza.

Se dire questo significa essere divisivi, allora preferisco dichiararmi divisiva che chiudere gli occhi rispetto alla verità della storia. L’unità degli italiani si può realizzare davvero solo intorno ai valori della Costituzione nata dalla Resistenza.

Ecco perché la memoria deve creare un sapere consapevole e generazioni in grado di fare scelte.

Libertà, democrazia e futuro, dunque. Liliana Segre dopo il voto in Senato per chiedere al Governo di conferire la cittadinanza italiana a Patrick Zaki, ha pronunciato queste parole «Sarò sempre presente quando si parla di libertà». Una battaglia che però non è un caso che sia partita da questa piazza, da questa città, e non solo perché Patrick è un nostro studente e concittadino, ma perché la memoria qui ha seminato e fatto crescere un sentimento forte e saldo verso l’applicazione attuale ed estensiva della nostra Costituzione, dei suoi principi fondamentali. Ora chiediamo che il governo italiano, senza indugi, riconosca la cittadinanza a Patrick Zaki, simbolo di una battaglia di civiltà.

Radici, libertà, futuro. Le foto di Edo Ansaloni, anche lui partigiano, che ci ha lasciati un anno fa, ritraeva in un particolare scatto i primi militari polacchi del Secondo corpo d’armata, guidati dal generale Anders, entrati a Bologna da Porta Mazzini, ormai giunti sotto le due torri. Ma soprattutto vedo la gioia negli occhi della gente che affolla le strade e si abbraccia. Quegli sguardi non trasmettono solo gioia, trasmettono anche un grande desiderio di futuro e di speranza ed è quello che noi, oggi, come Paese, dobbiamo ritrovare. E mi vengono in mente proprio perché questo anniversario è diverso da tutti gli altri. Molto ha già detto il sindaco, per il secondo anno consecutivo non potremo festeggiarlo come vorremmo, non potremo abbracciarci, stare insieme e baciarci come quel 21 aprile, ma questa piazza non è vuota. È fatta di storie, intrecci e umanità.

Da domani inizierà una graduale riapertura delle attività, per poter pian piano tornare ad una vita “normale”, ma tutto questo deve avvenire nella massima responsabilità. È fondamentale essere consapevoli che non si potrà ancora prescindere da tutte quelle indicazioni igienico sanitarie che conosciamo ormai a memoria, perché il virus non è ancora sconfitto e se c’è una cosa che la Resistenza ci insegna è che noi abbiamo diritto alla libertà, ma anche che la libertà è prima di tutto un dovere verso gli altri. Vedo la stanchezza nelle persone, le difficoltà che tutto questo sta producendo, ma se 76 anni fa la Resistenza e la lotta di Liberazione hanno dato all’Italia e all’Europa la possibilità di costruire la democrazia, anche noi oggi abbiamo la possibilità di fare scelte importanti, imparando dagli errori che abbiamo fatto. Perché le scelte toccano anche a noi.

Intanto possiamo scegliere di immaginare nuovi paradigmi ambientali, sociali ed economici, perché c’è bisogno di reinventarsi, di ricostruire come allora fecero quelle donne e quegli uomini. Perché è innegabile, questa situazione inedita ha stravolto il nostro mondo, nulla forse tornerà più come prima, ma questo può essere un’opportunità, deve essere un’opportunità. Il cambiamento è inevitabile, ma la direzione verso cui andare no, quella la possiamo decidere noi, è questa la nostra grande occasione.

Dobbiamo puntare alla qualità della vita delle persone e del pianeta. Come Regione Emilia-Romagna siamo già al lavoro per fare proposte concrete, con le migliori competenze ed energie.

Permettetemi infine di dare un grande abbraccio ai sindaci dell’Emilia-Romagna, a Virginio in primo luogo, a cui mi legano stima e affetto, e a tutti i primi cittadini che sono ogni giorno sul campo, al lavoro per gestire una situazione inedita, perché, io lo so bene, quella della sindaco è la prima porta alla quale i cittadini vanno a bussare, soprattutto nel momento del bisogno, e questo è uno di quei momenti. In questo periodo sono chiamati ad affrontare delle sfide enormi, a loro porto il saluto e il sostegno della Regione Emilia-Romagna, insieme ce la possiamo fare.

E voglio ringraziare anche il personale sanitario tutto, la Protezione civile, i vigili del fuoco, le forze dell’ordine, e tutti i cittadini e i volontari che, in quest’ultimo anno si sono messi a disposizione degli altri e che, ne sono sicura, continueranno a farlo, perché la nostra comunità è fatta così, di persone generose.

Ora come allora è necessario resistere. Dobbiamo e possiamo farlo. Abbiamo avuto insegnanti generosi. Oggi se ognuno continuerà a fare la propria parte insieme ne usciremo, ne sono sicura!
Viva la Resistenza, viva la Liberazione, viva la Repubblica!!!