Consiglio comunale, l’intervento d’inizio seduta della consigliera Federica Mazzoni

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BOLOGNA – Di seguito l’intervento d’inizio seduta della consigliera Federica Mazzoni (Partito Democratico).

“Centro Mattei: guardiamo il dito o la luna?
La vicenda Mattei necessita dei giusti approfondimenti per accertare le responsabilità di quanto denunciato attraverso una protesta da un centinaio di migranti su duecento lì ospitati: ovvero condizioni igienico sanitarie a dir poco precarie, nessun distanziamento e precauzione, nessun tampone e casi accertati di positività e quarantene.

Capire quel che sta accadendo dentro al Mattei, è una richiesta che avanzo ed è un preciso dovere della città, non stiamo parlando di un satellite a se stante, ma di una struttura che è parte della città. E immediatamente dopo: cosa possiamo fare per migliorare la situazione sia dei migranti accolti sia dei lavoratori/ici lì impiegati sia dei cittadini bolognesi complessivamente?

Questa è la classica situazione in cui occorre guardare non il dito ma la luna.
Se ci sono delle mancanze o delle responsabilità è giusto che queste vengano addebitate a chi ne è responsabile, come è giusto ascoltare e rimediare alle giuste istanze che hanno sollevato i migranti accolti nel centro Mattei.

Ma noi dobbiamo pure andare oltre, perché abbiamo una responsabilità politica. Una responsabilità politica a cui rispondere soprattutto rispetto a una relazione e a un coordinamento con la Prefettura che non pare essere ben funzionante, a maggior ragione visto un passato e importante lavoro di raccordo ed efficaci rapporti proprio con la Prefettura stessa ma anche tra Comune, ASP; a dimostrazione di questo quadro le difficoltà che stanno avendo queste Istituzioni sia tra loro sia con gli enti gestori nel condurre il sistema dell’accoglienza.

La nostra città solo pochi anni fa è stata un vero modello di accoglienza, possiamo spingerci a dire che fosse il migliore in Italia, ha saputo superare il sistema dei CAS prima ancora che Salvini li rendesse dei semplici posti letto, per puntare tutto sul sistema allora detto SPRAR (oggi SAI) e sull’accoglienza diffusa. È questa la luna che dobbiamo guardare, Bologna ha una responsabilità politica e sociale che ci impone di dire senza paura che un altro modello dell’accoglienza non solo è necessario, ma è anche possibile. Lo abbiamo dimostrato ed è da lì che dobbiamo ripartire. Dobbiamo ripartire dal lavoro che la Giunta ha fatto in questi anni insieme all’area welfare, ad ASP, alla Prefettura e al Terzo Settore e dobbiamo approfittare della nuova stagione di welfare per migliorare – e neppure poco- quanto di buono era stato già fatto.

Non può essere che il Ministero dell’Interno e la Prefettura agiscano secondo logiche che non si integrano con i bisogni e le opportunità del nostro territorio, perché è la politica a essere garante di quest’ultime.

Bisogna continuare sulla strada, tracciata qualche anno fa e che ora fatico a vedere con chiarezza; la strada dell’integrazione tra servizi e città, perché l’accoglienza non può essere gestita solo dall’alto ma da una alleanza col Terzo Settore e le Istituzioni locali: solo lavorando insieme siamo si può proporre una reale accoglienza. Non guardiamo il dito di chi indica il centro Mattei come il male assoluto e basta, perché il centro Mattei è solo il risultato di una linea politica che negli ultimi anni non ha risparmiato nessun governo, ripartiamo da Bologna perché risparmi la nostra città grazie all’impegno politico di chi, solo pochi anni fa, aveva immaginato e realizzato un sistema diverso, in cui la politica sapeva dialogare e concertare. Guardiamo la luna di chi ha avviato un lavoro di un’accoglienza diffusa e integrata, che è la soluzione principale per evitare che nel sistema dell’accoglienza si infiltrino mafie, cattive gestione, sfruttamento di ogni tipo ed endemica povertà che impediscono il percorso di emancipazione e cittadinanza.

Se al centro Mattei le cose non funzionano è giusto che tornino a funzionare correttamente, perché ne va della salute e del processo di integrazione dei migranti prima ancora che dell’immagine della nostra città, ma dobbiamo avere anche l’onestà intellettuale di dirci a che livello le cose non funzionano, e perché.

Da quanto tempo le persone vivono al Mattei? Se hanno strumenti e dei redditi per quanto poveri e precari, perché non si riescono a trovare risposte diverse per loro? Sarebbe colpa quindi dei gestori? Che tipo di messaggio diamo ai migranti se il nostro sistema diventa solo assistenziale e non incentiva la loro autodeterminazione? Sono domande enormi, complesse e complicate che di tutto hanno bisogno tranne che di indifferenza e superficialità.

Interroghiamoci sulle regole del gioco: ci sono delle regole che vanno rispettate nell’interesse di tutti, alcune che devono essere applicate dallo Stato, altre dai gestori, altre ancora dai migranti stessi.

Qual è la sintesi di tutto questo? È doveroso rinnegare e rivedere del tutto il sistema di accoglienza basato sulla Bossi-Fini, sull’emergenza, sui grandi centri, sul trattato di Dublino e sull’assistenzialismo.

Sulla pelle dei migranti è stato giocato fino ad oggi un “gioco sporco”, individuandoli come capri espiatori di tutto, è stato compromesso il sistema di accoglienza e integrazione, sono state fatte politiche xenofobe e minorizzanti sulla loro capacità di autodeterminazione.

Non guardiamo il dito che dice che al Mattei fa tutto schifo, guardiamo la luna: investiamo sull’accoglienza diffusa, su progetti che lavorano sulla capacitazione delle persone e non sull’assistenzialismo, investiamo su un lungo e faticoso ma necessario e arricchente percorso che costruisca alleanze tra Istituzioni, cittadini e Terzo Settore. Investiamo sul percorso dei migranti che non possono stare anni in grandi centri perché le Commissioni sono piene di richieste e nel frattempo vengono sfruttati e additati come il male della nostra società. E non è una battaglia da spostare solo sulla dimensione nazionale, ma una battaglia che deve ripartire dal locale: possiamo tornare a proporre un altro modello di accoglienza, che come abbiamo dimostrato, siamo in grado di realizzare e alzare l’asticella della collaborazione e della responsabilizzazione di tutti i soggetti in campo, oppure ci si limiterà a osservare il dito scaricando tutte le responsabilità?
La proposta politica di cambiamento per i prossimi anni deve riguardare anche questo”.