25 aprile, l’intervento del presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini in occasione del 78° anniversario della Liberazione in Piazza Nettuno

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BOLOGNA – Martedì 25 aprile 2023 la città di Bologna ha celebrato il 78° anniversario della Liberazione. La commemorazione ufficiale si è svolta in piazza del Nettuno.

Questo l’intervento del presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini.

Buongiorno e buon 25 aprile a tutti

Un 25 aprile particolare, che non è uguale per tutti. Pochi minuti fa, a Ravenna, abbiamo contribuito con la Protezione Civile regionale, con i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari dell’Asl Romagna, gli amministratori locali coordinati dal Prefetto a fare sbarcare un’altra ottantina di migranti, provenienti dal Sudan, da dove – temo – arriverà un’ondata migratoria di gente disperata, che non viene in vacanza, ma fugge dalla guerra, dalla miseria, dalla fame. Dovremmo sempre ricordarlo, essendo stati noi in passato, una terra di tanti migranti nel mondo.

Al Governo, che per la terza volta in poche settimane, ci ha chiesto di collaborare e dare una mano, ho risposto: ‘Sì, sempre’. Perché noi daremo sempre solidarietà e umanità e non a seconda del colore politico del Governo che lo chiede.

Guai a rischiare di avere una sola vittima in mare e sempre dare la mano a chi ha bisogno, non solo al momento dello sbarco, ma anche nell’integrazione. Pensateci, il contrario della parola ‘integrazione’ è ‘disintegrazione’ e di tutto abbiamo e avremo bisogno nelle prossime settimane, nei prossimi mesi e anni, per le nostre società che di questo.

Oggi è una giornata particolare. Dovrebbe essere, e lo è per quanto mi riguarda, la festa di tutti gli italiani. Della libertà, della pace, della democrazia ritrovata. Aggiungo: della dignità che il fascismo, alleandosi con il nazismo e portandoci in guerra, ci aveva persino tolto.

È la seconda volta in nove anni che parlo in questa bellissima piazza, in questa città Medaglia d’oro alla Resistenza. E abbiamo cercato di stare ovunque. Tra poco partirò per il Reggiano e sarò insieme a migliaia di persone e tanti giovani a Casa Cervi, non c’è bisogno di aggiungere altro su cosa significò quel tragico eccidio. L’Emilia-Romagna è la terra che più di ogni altra ha pagato un prezzo drammatico e altissimo alla lotta di liberazione. Ieri ero a Rimini: pochi sanno che Rimini al termine della guerra aveva oltre l’80% dei propri edifici rasi al suolo. Addirittura più di Dresda. Ma se pensiamo alla nostra Regione, da Piacenza a Rimini, lungo tutta la via Emilia e le province, in ogni Comune e in ogni sua frazione, ci sono lapidi, cippi, monumenti che ricordano il sacrificio di tante e tanti – spesso ragazzi giovanissimi – che diedero la loro vita per ridare a tutti noi libertà, pace e democrazia.

Ero pochi giorni fa in un luogo ai più sconosciuto. Se dico Marzabotto, tutti sappiamo purtroppo dove si trova e cosa è accaduto. Ma se cito la strage di Monchio, Susano e Costrignano, pochi sanno che è la seconda più efferata per numero di vittime, tra cui il parroco, tanti civili, tanti bambini, dell’Emilia-Romagna. A Susano, dove la piazza è stata intitolata poco più di un anno fa alla partigiana Mimma, ad Aude Pacchioni, insieme al sindaco, alle autorità militari e civili, religiose, insieme anche – ed è stato un gesto molto importante – a un responsabile dell’Ambasciata tedesca, abbiamo inaugurato una sorta di monumento: otto ceramiche che ricordano quella strage e in una di queste è raffigurato un nazista che lancia in alto un bambino, un neonato, e altri nazisti col fucile che gli sparano, come fosse un piattello, un piccione. Anche questo, purtroppo, è accaduto e non possiamo dimenticarlo.

È la terra in cui c’è uno dei due campi di smistamento verso i lager nazisti, a Fossoli. Sono stato poche settimane fa alla presentazione di un libro di una persona credo a tanti di noi cara, che per l’Europa ha fatto tanto: David Sassoli. Quella sera abbiamo presentato un libro dei suoi discorsi più belli, fra cui il più bello per me. Quello pronunciato insieme a Ursula Von der Leyen due anni fa a Fossoli, incontrando i familiari delle vittime uccise in quel campo e nella strage di Cibeno, rispetto al bisogno di più Europa e non meno Europa. Voglio per questo ringraziare, per tutto quello che ha fatto, per la coesione europea, Romano Prodi, che è qui con noi.

Abbiamo bisogno di più Europa. Io sono del 1967, appartengo alla prima generazione che credeva nella storia dell’umanità, in questa parte del mondo, di non conoscere l’orrore della guerra. E purtroppo in Ucraina l’abbiamo vista tornare. Speriamo arrivi presto la pace, ne abbiamo tutti bisogno, anche se distinguo molto chiaramente le responsabilità tra chi ha bombardato e invaso un Paese democratico e sovrano e chi è bombardato e invaso. Qui, in questa Regione, per la solidarietà a cui faceva riferimento molto bene il sindaco Lepore, abbiamo accolto da un anno un quarto delle mamme e dei bambini ucraini fuggiti dalla disperazione e dalla guerra. E tra pochi giorni firmerò con la regione di Karkhiv un accordo per cercare anche noi di dare una mano a quella che speriamo presto possa essere la partenza della ricostruzione di quel paese.

Abbiamo bisogno di non dimenticare.

Sono orgoglioso di essere presidente di una Regione, l’unica ancora oggi in Italia, che pochi anni fa – era il 2016 – ci vide insieme all’Anpi scrivere una legge sulla memoria del Novecento. Ogni anno finanziamo fino a un milione di euro progetti per le scuole, le università, i comuni, le province, gli istituti storici, le associazioni partigiane per fare e recuperare memoria. Di questo abbiamo bisogno. Oggi a scuola va meglio, ma io ricordo che quando feci il liceo arrivai a studiare al massimo la storia di metà dell’Ottocento.

Qualcuno più importante di me ha ricordato che un popolo che non conosce il proprio passato rischia di esserne condannato a riviverne le pagine peggiori e più tragiche.

Di fare memoria abbiamo il dovere.

Troppi, troppi episodi abbiamo visto in questi anni e lo dico con la pelle d’oca. Persino di esponenti eletti nei vari Parlamenti, europei o nazionali, regionali, provinciali, comunali, addirittura di partiti che si richiamano al fascismo, qualcuno con simbologie naziste nei simboli. Pensavamo di non vederne più. Ed è per questo che abbiamo bisogno che questa sia davvero la festa di tutti gli italiani, di un’Italia liberata da un orrore di un regime assassino, quello fascista, che si alleò con il nazismo.

Ed è inutile cercare la parola ‘antifascismo’ nella Costituzione, la Costituzione è di per sé antifascista. E dovrebbe essere un valore che accomuna tutti quanti abbiano valori democratici.

Perché alla Liberazione, non dimentichiamolo, parteciparono in tanti. A partire dagli alleati, dagli americani, dagli inglesi, dai brasiliani, dagli indiani e tantissimi altri. E a loro va per sempre il nostro ringraziamento, per il sacrificio che ebbero e il contributo che diedero alla Liberazione del nostro Paese. Insieme a tantissimi partigiani, alle cui formazioni contribuirono persone provenienti da partiti, culture politiche, movimenti differenti.

Ecco, l’idea di una storia condivisa. Ne abbiamo bisogno. In epoca di revisionismi, vorrei anche io ricordare le parole del presidente Mattarella: “Fare memoria dei milioni di cittadini assassinati da un regime sanguinario come quello nazista, che con la complicità dei regimi fascisti europei, che consegnarono propri concittadini ai carnefici, si macchiò di un crimine orrendo contro l’umanità, un crimine atroce che non può conoscere né oblio, né perdono”. Grazie ancora una volta Presidente.

Io non ho dubbi che la pietà umana si debba a ogni caduto. Ma non accetterò mai che si mettano sullo stesso piano come qualcuno vorrebbe chi stava a fianco dei nazisti aiutandoli a compiere stragi e consegnava loro le persone destinate ai campi di concentramento, e chi lottava affinché su quei treni della morte non salisse nessuno. Non possiamo accettare di equiparare chi stava dalla parte di una dittatura e un regime assassino con chi dando la vita ci ha regalato libertà, pace e democrazia.

Viva l’Italia libera, viva l’Italia antifascista, viva la Repubblica.