‘Vite schedate’: storie di comunisti ferraresi negli anni dell’‘Impero’

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Vite schedateGiovedì 21 gennaio la presentazione del terzo volume

FERRARA – E’ in calendario per giovedì 21 gennaio alle 16, nell’aula didattica del Museo civico del Risorgimento e della Resistenza di Ferrara (corso Ercole I d’Este, 19), la presentazione del terzo volume di ‘Vite schedate. Comunisti a Ferrara durante il fascismo’.

L’opera in più volumi ‘Vite schedate’ analizza il caso dei comunisti e delle comuniste che vivevano e operavano nel Ferrarese e, in particolare, in questo terzo volume, dedicato agli anni dal 1933 al ‘36, raccoglie le schede biografiche di oltre 140 comunisti da Carlo Cappelli a Giuseppina Farolfi.

All’incontro interverranno la responsabile del Museo Antonella Guarnieri e gli autori del volume Delfina Tromboni, Dante Giordano e Davide Guarnieri.

LA SCHEDA (a cura degli organizzatori)
L’opera ‘Vite schedate’, di cui è già in preparazione il quarto volume, si concretizza in un lungo viaggio attraverso oltre 400 storie di uomini che professarono idee comuniste durante il regime fascista e che da quel regime vennero perseguitati e schedati.
Attraverso le numerosissime carte d’archivio raccolte dai curatori, viene restituito, non solo l’antifascismo organizzato che, seppur tra mille difficoltà e violenze continuò a tessere una trama, sottile e contrastata eppure sempre presente nel tessuto connettivo del nostro Paese anche in quei frangenti drammatici, ma anche quello diffuso e quotidiano, mai emerso prima dalla cosiddetta “zona grigia”.

Con la costituzione, il 21 gennaio 1921 a Livorno, per scissione dal PSI, del Partito Comunista d’Italia, che avrebbe poi preso il nome di PCI e come tale sarebbe vissuto fino al 1991, iniziava una storia di dure battaglie, drammatiche durante il periodo fascista, per quanti a quel partito aderirono. Ferrara costituì la prima sezione comunista a Bondeno il 30 gennaio 1921 e la Federazione provinciale il 6 febbraio 1921.
Subito, lo scontro fu con il fascismo e con lo squadrismo di Italo Balbo, il ras ferrarese che sarebbe poi divenuto Ministro dell’Aeronautica, precipitando infine dai cieli di Tobruk nel giugno 1940.

Il fascismo, organizzato militarmente da Balbo, grazie all’alleanza economica con i grandi agrari locali, riversò sulle masse bracciantili della provincia una violenza cieca, colpendo quanti si opponevano alla loro ascesa: comunisti, socialisti, anarchici, radicali, liberali, repubblicani, i futuri azionisti ed i cattolici, drammaticamente smossi dall’assassinio di Don Minzoni a Argenta. Violenza e morte colpirono gli avversari del fascismo e la durezza dello scontro fu tale (ricordiamo che gli squadristi avevano armi, camion, motociclette, mentre spesso i loro avversari si trovavano ad affrontarli con poco più che le proprie mani) che la provincia estense visse anni di vero e proprio terrore, documentati dalle carte di archivio.

Delfina Tromboni e gli altri curatori, Davide Guarnieri e Dante Giordano, sembrano portare alla luce una nuova verità storica rispetto a quei giorni drammatici: quanti continuarono a resistere furono più di quanti, finora si sapeva.
L’opera in più volumi Vite schedate analizza il caso dei comunisti e delle comuniste che vivevano e operavano nel Ferrarese o che, nati in questa provincia, erano poi emigrati in altri luoghi, in Italia e all’estero, o per ragioni di lavoro o, da un certo punto in poi, per sfuggire alle persecuzioni fasciste. Anche nelle nuove “patrie” i comunisti si impegnarono nelle locali sezioni del partito, italiano o d’adozione, oppure mettendosi al servizio del Centro Estero del PCI, che aveva sede a Parigi, per non far mancare il loro contributo alla impari lotta contro la dittatura fascista. Allo stesso modo, comunisti nati altrove portarono il loro contributo nel Ferrarese o perché qui venuti a vivere o perché inviati da qualche organismo superiore. In qualche modo essi riuscirono, sia pure a strappi, a mantenere i rapporti non solo con gli organismi centrali del Partito che operavano in Patria e/o all’estero, ma anche con le organizzazioni comuniste internazionali, emanazione dell’URSS, come il Comintern o il Soccorso Rosso Internazionale.
Dalla ricerca intrapresa emerge che il numero di iscritti, attivisti e simpatizzanti calcolati dai vecchi comunisti, dopo la Liberazione, in circa 2.000 per il Ferrarese, non si allontana granché dalla realtà. Sono le stesse fonti fasciste a dircelo: le schedature della polizia politica, dell’OVRA e delle Questure, i processi del Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, i fascicoli del Confino Politico, gli elenchi degli ammoniti e diffidati: documenti i cui dati collimano spesso perfettamente con le memorie dei protagonisti. Tutte le fonti raccolte finora sono, per scelta degli autori, depositate in copia al Museo del Risorgimento e della Resistenza, per essere messe, a conclusione del lavoro, a disposizione della città, dei suoi studiosi e dei suoi giovani.

Di tutto questo e di molto altro, nel corso dell’incontro di giovedì 21 gennaio alle 16, parlerà la responsabile del Museo Antonella Guarnieri con i curatori del volume.