BOLOGNA – Oggi si è tenuta la seduta solenne del Consiglio comunale dedicata al Giorno del Ricordo.
Di seguito l’intervento conclusivo del sindaco di Bologna e Città metropolitana Matteo Lepore.
“Grazie, Presidente.
Buongiorno, grazie ai Consiglieri e alle Consigliere, alle cittadine e ai cittadini che sono qui, agli studenti delle scuole presenti, e in particolare un ringraziamento ai familiari e alla presidente del comitato di Bologna dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Chiara Sirk, che ogni anno è con noi, che ringrazio e saluto, il professor Roberto Spazzali che abbiamo appena sentito in questo importante intervento che ci ha rivolto.
Oggi, come sappiamo, ci ritroviamo per ricordare una delle pagine più dolorose della storia del nostro Paese e del nostro continente, il Giorno del ricordo. È un’occasione nella quale ogni anno in varie iniziative, che anche nei giorni scorsi si sono svolte a Bologna, ricordiamo e omaggiamo le vittime delle foibe, ricordiamo gli esuli giuliano-dalmati, ci accompagniamo alle loro famiglie, persone che hanno sofferto e in alcuni casi, in molti casi hanno perso la vita a causa delle violenze, delle persecuzioni legate agli eventi che hanno segnato il confine orientale del nostro Paese, come ci è appena stato raccontato.
Un dolore che non riguarda solo chi ha vissuto quei momenti, ma che deve interrogarci e vogliamo ci interroghi tuttora come comunità e come Paese. L’Italia nei decenni successivi alla fine della Seconda guerra mondiale ha dovuto affrontare sicuramente molte sfide nella propria ricostruzione, non solo materiale, ma anche morale e identitaria. La sofferenza dei nostri connazionali che furono costretti ad abbandonare le loro terre, le loro case, la loro cultura, i loro parenti, in alcuni casi i loro figli, a diventare profughi o esuli è stata presto dimenticata o ignorata. Molto tempo abbiamo dovuto prendere per conoscere anche che cosa effettivamente era successo e consegnare alle nuove generazioni, comprese le attuali, la verità, storica e anche politica. La tragedia di allora, quell’esodo dalle terre istriane e le foibe sono stati, infatti, per troppo a lungo privi della giusta attenzione. Oggi però siamo qui, anche a seguito di quella legge che ha istituito il Giorno del ricordo, per dire che grazie anche all’impegno di molti, a partire da chi ha subito queste tragedie, gli studi che sono stati fatti, il professore oggi mi ha consegnato i suoi, anche a partire da carte della Presidenza del Consiglio, un libro edito due anni fa; grazie appunto al lavoro di tanti, alla lotta di tanti si è ricostruita quella parte così importante e preziosa della nostra storia.
Il Giorno del ricordo, infatti, è un atto di giustizia verso chi ha subito il trauma di una persecuzione non dichiarata verso chi ha visto i propri cari vittime della brutalità e della violenza cieca di una dittatura, quella comunista. L’esodo giuliano-dalmata, che ha portato migliaia di italiani a lasciare le loro terre, le loro case, i loro affetti, ha costituito un dramma che ha segnato la storia di persone che lo hanno vissuto sulla loro pelle, ma appunto di molte città italiane che sono state attraversate da queste persone. Bologna stessa, come altre città, ha accolto coloro che fuggivano dalla violenza e dalla morte, non senza ovviamente episodi, come quelli che ci sono stati raccontati, controversi e sicuramente in molti casi drammatici.
La nostra comunità però nel tempo si è arricchita delle loro storie, delle loro esperienze, delle loro relazioni, della loro presenza in città, e anche per questo voglio salutare le persone che sono qui, parenti, persone che hanno visto anche riconoscimenti da dediche e targhe, strade che abbiamo voluto, giardini, spazi pubblici che abbiamo voluto intitolare in questi ultimi anni.
Una parte di questo importante contributo lo stiamo riscoprendo anche in questi giorni. Abbiamo avuto la possibilità di avvicinare questa storia anche grazie alla mostra nella Manica lunga del nostro palazzo comunale, “Tu lascerai ogni cosa caramente più diletta. L’esodo dei giuliano-dalmati dopo il secondo conflitto mondiale”, realizzata dall’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e dal Coordinamento Adriatico, con il nostro patrocinio, accompagnato appunto da diverse iniziative. Un atto di testimonianza importante, perché molte di queste storie, come sappiamo, sono state poco conosciute o per nulla conosciute.
Oggi, a distanza di più di settant’anni il nostro compito è lavorare per ridare voce a questo silenzio, restituire verità e giustizia a chi ha sofferto, non solo fisicamente, ma anche nel profondo della propria identità. Il ricordo delle foibe e dell’esodo di quegli anni, in effetti, è un atto di riconciliazione, di unità nazionale. Non ci può essere un vero futuro, se non siamo in grado di affrontare insieme la nostra storia con onestà e senza divisioni.
La memoria è un ponte che ci unisce, certo, unisce le generazioni che non hanno vissuto quei momenti con quelle che invece li hanno vissuti, e ci aiuta a non ripetere gli errori del passato. Ma è soprattutto il dolore di questa parola, “libertà”, che oggi il professore ci ha ricordato, a bruciare, ad ardere all’alba di un nuovo pericolo che vediamo in fondo, in come il mondo si sta muovendo: il ritorno di autocrazie, poteri oligarchici, nuovi nazionalismi, spettri di un passato che rischia di ritornare o, forse, è già tornato, anche ritrovando nei profughi e negli esuli di oggi i nuovi capri espiatori del presente.
Ha detto il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, il Presidente che ebbe modo di celebrare il primo 10 febbraio, nel 2006, il Giorno del ricordo delle foibe, “La memoria ci aiuta a guardare al passato con interezza di sentimenti, a riconoscerci nella storia e nella nostra identità, a radicarci nei suoi valori fondanti per ricostruire un futuro nuovo e migliore. L’odio e la pulizia etnica sono stati l’abominevole corollario dell’Europa tragica del Novecento, squassata da una lotta senza quartiere fra nazionalismi esasperati. La Seconda guerra mondiale, scatenata da regimi dittatoriali, portatori di perverse ideologie razziste ha distrutto la vita di milioni di persone nel nostro continente, ha dilaniato intere nazioni, ha rischiato di inghiottire la stessa civiltà europea. Questa civiltà, alla quale noi italiani abbiamo dato nel corso dei secoli uno straordinario contributo intellettuale e spirituale, è fatta di umanità, rispetto per l’altro, fede nella ragione, nel diritto, nella solidarietà. Le prevaricazioni dei totalitarismi non sono riuscite a distruggere questi principi. Essi sono risorti più forti che mai sulle devastazioni della guerra. Hanno cementato la volontà degli europei di perseguire uniti obiettivi di pace e di progresso”.
Sono parole che oggi ci sono care, in un momento storico però costellato da tante incertezze sul piano politico e internazionale, dove non tutti sembrano avere la stessa attenzione e sicuramente la stessa linea.
In quest’ottica Bologna ha sempre avuto un ruolo importante nell’accoglienza, nella solidarietà e nella promozione della memoria. Ogni anno, appunto il 10 febbraio, ci facciamo custodi di questa memoria e ci confrontiamo promuovendo la conoscenza e il rispetto reciproco; e penso sia un dovere continuare a seminare e a portare avanti questo racconto comune, questo cammino.
Anche per questo voglio ringraziare, oltre all’associazione dei familiari che ho citato prima, anche le altre associazioni dei familiari che vedo qui presenti, di quelle stragi che hanno toccato la nostra città, perché, se dobbiamo costruire insieme un percorso di riconciliazione, se vogliamo lavorare attorno alla verità e alla giustizia, dobbiamo riconoscere quanto gli Stati purtroppo nel nostro continente abbiano nascosto quello che è successo durante la Seconda guerra mondiale e anche dopo. E questo è un fatto comune, che riunisce tutti i cittadini e le cittadine. Quel principio di libertà che spesso sono gli Stati, appunto, le dittature a negare.
Anche a questi temi dedicheremo il nostro Polo per la memoria democratica, che finalmente in questo anno vedremo partire con i lavori e con i cantieri nell’area della stazione. Lì ci sarà sicuramente spazio per il percorso di tutte queste associazioni dei familiari, e anche quest’anno voglio invitare l’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia a condividere con noi questo percorso, insieme alle altre associazioni, perché, se di verità, di giustizia e di memoria dobbiamo parlare, tutti noi insieme questo percorso dobbiamo compierlo.
Oggi in questa seduta solenne, nella quale ricordiamo la tragedia e il dramma di cui abbiamo parlato, a tutti coloro che con coraggio e dignità hanno saputo ricostruire le loro vite, anche lontano dalla loro terra natale, ma senza mai dimenticare le proprie radici voglio dire grazie, perché, se la memoria è la chiave per la costruzione di una società più giusta, voi ne siete stati sicuramente gli artefici più importanti.
Il Giorno del ricordo ci aiuta a non dimenticare, ma soprattutto a promuovere un impegno maggiore, un seme importante per il domani. Grazie davvero a tutti quelli che hanno partecipato a questo Consiglio solenne, a chi ha ascoltato, a chi è intervenuto, a chi, a seguito anche di queste nostre parole, troverà un motivo di impegno. Grazie”.