
BOLOGNA – La compagnia ravennate Fanny & Alexander, tra le più importanti realtà teatrali italiane riconosciute e affermate anche all’estero, dopo i cinque premi ricevuti lo scorso dicembre per l’edizione 2024 del Premio Ubu con Trilogia della città di K., presenta a Bologna due recenti lavori: Manson in scena al Teatro delle Moline dal 15 al 19 gennaio e Maternità nella Sala Thierry Salmon dell’Arena del Sole dal 17 al 19 gennaio.
Due spettacoli per un attore solo, entrambi diretti da Luigi Noah De Angelis: il primo vede in scena Andrea Argentieri nei panni del noto assassino statunitense Charles Manson, ritenuto il responsabile dell’eccidio di Cielo Drive, in cui furono ammazzati l’attrice Sharon Tate, moglie di Roman Polański, e quattro suoi amici, e quello ai danni del dirigente d’azienda Leno LaBianca e di sua moglie.
Il secondo, Maternità, con l’attrice e fondatrice della compagnia Chiara Lagani, è tratto dal romanzo autobiografico dell’autrice canadese Sheila Heti (Sellerio editore, 2019), dal quale la stessa Lagani ha realizzato la drammaturgia.
Le repliche dello spettacolo sono seguite da tre diversi incontri, nell’ambito del Patto per la Lettura di Bologna, con Chiara Lagani e tre ospiti: la scrittrice Alessandra Sarchi (17 gennaio), l’attrice e regista Fiorenza Menni (18 gennaio) e la scrittrice Simona Vinci (19 gennaio).
I due lavori, per la prima volta rappresentati assieme, sono accomunati da una struttura drammaturgica che prevede l’interazione col pubblico. In Manson, gli spettatori pongono delle domande all’imputato, quasi come fossero membri di una giuria. Mentre in Maternità, il dispositivo è invertito, qui è l’attrice in scena che rivolge i quesiti agli spettatori, che muniti di telecomando, rispondono “si” o “no”, come in un referendum.
MANSON
Andrea Argentieri indossa i panni dell’accusato e, a partire dalle testimonianze video e audio, le numerose interviste che Charles Manson rilasciò, incarna una sorta di ritratto mimetico del suo personaggio facendoci ripercorrere, tramite l’iperbole delle risposte, i meandri della mente labirintica, istrionica, scivolosa e manipolatoria del criminale. È così che si imprimono nella voce e nel corpo dell’attore i ritmi, la gestualità spezzata e gli sguardi mutevoli del protagonista che gli è ora matrice, come se gli spettatori si trovassero per un attimo di fronte a un fantasma.
Lo spettacolo mette il pubblico nello scomodo ruolo di una sorta di giuria postuma: in un buio compatto e immersivo, si dipingono all’improvviso frasi secche e ritmate, che portano a una riesumazione narrativa e sensoriale degli eventi, come se fossimo per un istante nella famosa villa dell’omicidio, circondati dai passi ghiaiosi degli assassini, oppure prigionieri nella loro auto in fuga tra urla e stridore di freni, o ancora circondati dai canti hippy nel famoso ranch, dove la Famiglia praticava i suoi riti, e infine nel tribunale vociante di arringhe, dove Manson è stato processato. È solo al termine di questa fantasmatica ricostruzione per suoni e scrittura concreta, che ci si accorge di una presenza reale in sala, una specie di testimone silente che dà le spalle fin dal principio alla platea. L’uomo si gira, si avvicina, invita ripetutamente il pubblico a rivolgergli delle domande. Il pubblico pesca da un elenco di trentadue domande che gli sono state consegnate al suo ingresso in teatro e poi, singolarmente e volontariamente, rivolge il quesito scelto all’attore, che risponde in inglese, sopratitolato.
A poco a poco e quasi inavvertitamente l’incalzare delle domande produce una strana enigmatica trasformazione nella percezione di chi assiste: «in ballo c’è davvero solo il giudizio, ̶ si legge nelle note della compagnia ̶ la condanna alle azioni di questo strano, ambiguo personaggio? Oppure ci siamo anche noi, la nostra stessa repulsione oppure l’indecifrabile attrazione per questo caso macabro, per le parole depistanti e oblique che stiamo ascoltando? Avremo dunque la capacità, la possibilità di far luce nell’oscuro paesaggio dei significanti, di leggere nel libro nero e illeggibile del significato, delle molte rifrazioni manipolatorie del discorso? Potremo alla fine aprire un varco attraverso il muro specchiante della nostra stessa voglia di sapere, del nostro bisogno di vedere, di ottenere un dettaglio, e poi ancora un altro, sempre di più? Cos’è che cerchiamo esattamente? Cos’è, alla fine, che stiamo davvero guardando?».
MATERNITÀ
In Maternità, tratto dal romanzo autobiografico di Sheila Heti, una donna si chiede, di fronte al pubblico seduto davanti a lei, cos’è che la trattiene dal mettere al mondo un figlio. Non si tratta di un monologo, ma di una strana specie di dialogo, sospeso tra una dimensione assembleare e un gioco con il caso. Di fronte alle domande più difficili Sheila si rivolge alle persone in sala a cui è stato dato un piccolo telecomando con cui rispondere ai suoi quesiti. Le risposte si proiettano a ritmo incalzante su uno schermo sospeso sulla scena in un oppressivo codice binario: tutto è sì, oppure no, tutto è bianco, oppure nero. Sì e no è il timbro di un accanimento, di un’ostinazione, di una strana slabbratura dell’anima della protagonista che, mentre si interroga con ironia e ferocia su una questione così nodale, tende il ragionamento fino all’eccesso infrangendo a tratti il velo del pudore e portandoci a riflettere sul valore della scelta.
Il dialogo col pubblico oscilla tra immedesimazione e giudizio proiettando sul testo una serie di interrogativi intimi e comuni su temi da sempre controversi.
Da una conversazione con Chiara Lagani e Luigi Noah De Angelis:
Chiara Lagani: «Negli ultimi anni sono usciti tanti libri molto interessanti su questo tema. Penso al libro di Antonella Lattanzi, Cose che non si raccontano (Einaudi), a Rachel Cusk con Il lavoro di una vita (Einaudi), ma anche a libri come Biglietto blu di Sophie Mackintosh (sempre Einaudi), poi Ada D’Adamo (vincitrice con Come d’aria del Premio Strega 2023). Ci sono poi state diverse rubriche di approfondimento nelle riviste o nei quotidiani, come quella di Annalena Benini su “Il Foglio” (“Il Figlio del Foglio”), da cui è stato poi creato il podcast, o il dibattito nato da un pezzo di Simonetta Sciandivasci su Lo Specchio de “La Stampa” (poi diventato il libro Mondadori I figli che non voglio). Segno sicuro che l’interesse per questo tema così complesso è in crescita, soprattutto negli ultimi anni. Perfino in un festival come Sanremo se ne è parlato! Chiara Francini ci ha costruito sopra uno dei suoi monologhi, che poi è stato per giorni al centro di un fitto chiacchiericcio mediatico sui social.
Tra tutti i libri che ho letto, comunque, Maternità di Sheila Heti, uscito per Sellerio nel 2019 con la traduzione di Martina Testa, mi è sembrato quello che ci poteva offrire la chiave d’accesso più forte e diretta per parlare di questa questione. Sheila Heti è un’autrice canadese che seguo da tempo con grande interesse e questo suo libro, in particolare, ha suscitato da subito discussioni nel suo paese e fuori (tradotto in 21 paesi, è stato eletto libro dell’anno dal New York Magazine; è entrato nelle segnalazioni critiche dei migliori libri del 2018 per il New York Times, ed è stato miglior libro dell’anno per the Times Literary Supplement, The Globe and Mail, The Chicago Tribune, NPR, Lit Hub, Refinery29 e Bookforum).
In questo libro una donna alla soglia dei 40 anni si chiede se vuole un figlio o meno, e ci metterà tutto il libro a rispondersi che no, non lo vuole. Di fronte alle domande più ardue interroga il libro de I Ching lanciando ogni volta per due volte i dadi e lasciando che sia la sorte a rispondere per lei. Tutto il libro è costruito così e, mentre si dipana il ragionamento sulla maternità, si sviluppa in parallelo anche una riflessione molto intensa sull’atto creativo, sui bivi possibili della vita, così come della scrittura. In principio, devo confessarlo, questo libro mi ha respinta: sono caduta nella trappola del giudizio, che è come un filo invisibile che viene teso a ogni passo che si compie dentro il testo. Poi però non sono più riuscita a togliermelo dalla testa. Mi rendevo conto che con questa modalità spudorata e respingente l’autrice aveva davvero intaccato qualcosa in me e le sue domande continuavano a muoversi: è stato allora che ho chiesto a Luigi di leggere il libro, per capire assieme se potevamo metterlo in scena».
Luigi Noah De Angelis: «La forma dello spettacolo rispetta la natura bifronte del libro ed è divisa in due parti. Una con al centro il vincolo confessionale, sfrontato e quasi imbarazzante, in cui l’attrice/Sheila pone la propria domanda cruciale a se stessa e può condividerla con un’assemblea, in una dimensione asciutta, da test sociologico, come in un’aula di consultorio ospedaliero in cui il pubblico si trova nella posizione ambigua di essere giurato e consigliere silente. L’altra più teatrale, sognante, radiodramma interattivo, riverbero immaginale della prima, possibile scavo ulteriore e poetico, dove viaggiare e spostarsi da un luogo psichico ed emotivo all’altro, con un battito di ciglia determinato da uno zapping crudele e giocoso».
Fanny & Alexander è una bottega d’arte fondata a Ravenna nel 1992 da Luigi Noah De Angelis e Chiara Lagani. Dalla contaminazione dei linguaggi – teatro, arti visive, letteratura, musica – il gruppo crea spettacoli, live-performance, opere liriche e installazioni intessendo reti interdisciplinari, innescando interazioni di forme e contenuti classici con la sperimentazione e le nuove tecnologie.
Tra le recenti produzioni, Maternità da Sheila Heti (Sellerio editore), Manson, Addio Fantasmi dal romanzo di Nadia Terranova (Einaudi), Storia di un’amicizia, versione teatrale de L’amica geniale di Elena Ferrante (Edizioni E/O), Se questo è Levi (vincitore di due Premi Ubu), e Sylvie e Bruno da Lewis Carroll nella traduzione di Chiara Lagani per Einaudi (2021). Tra i lavori storici si ricordano il ciclo dedicato al romanzo di Nabokov Ada o ardore a cui sono stati assegnati due premi Ubu; il progetto pluriennale dedicato a Il Mago di Oz (2007-2010) e l’affondo dedicato alla retorica pubblica con le serie dei Discorsi, per indagare il rapporto tra singolo e comunità.
Nei 30 anni di carriera, Fanny & Alexander ha ricevuto importanti riconoscimenti, a partire dal Premio Giuseppe Bartolucci (1997), fino al Premio Ubu 2024 per Trilogia della città di K., progetto creato in collaborazione con Federica Fracassi che ha fatto incetta di riconoscimenti per il Miglior spettacolo di teatro, Miglior regia, Miglior scenografia, Miglior disegno luci e Miglior progetto sonoro o musiche originali.
Manson
ideazione, regia, luci, progetto sonoro Luigi Noah De Angelis
drammaturgia, costumi Chiara Lagani
con Andrea Argentieri
consulenza linguistica e fonetica Gabriella Gruder-Poni, David Salvage
promozione e comunicazione Maria Donnoli
organizzazione Maria Donnoli, Marco Molduzzi
amministrazione Marco Molduzzi, Stefano Toma
produzione E Production / Fanny & Alexander
in collaborazione con Olinda / TeatroLaCucina
Maternità
uno spettacolo di Fanny & Alexander
tratto dal romanzo autobiografico di Sheila Heti (Sellerio editore)
drammaturgia, costumi Chiara Lagani
regia, luci, progetto sonoro Luigi Noah De Angelis
con Chiara Lagani
architettura software multiscelta, cura del suono, supervisione tecnica Vincenzo Scorza
organizzazione Maria Donnoli, Marco Molduzzi
promozione e comunicazione Maria Donnoli
amministrazione Marco Molduzzi, Stefano Toma
artwork Eleanor Shakespeare
produzione E Production / Fanny & Alexander
Teatro Arena del Sole, via Indipendenza 44 – Bologna
Prezzi dei biglietti: da 7 € a 15 € esclusa prevendita
Biglietteria: dal martedì al sabato dalle ore 11.00 alle 14.00 e dalle 16.30 alle 19.00
Tel. 051 2910910 – biglietteria@arenadelsole.it | bologna.emiliaromagnateatro.com
Teatro delle Moline
via delle Moline, 1/b, Bologna
dal 15 al 19 gennaio 2025
mercoledì e sabato ore 19.00 | giovedì e venerdì ore 21.00 | | domenica ore 16.00
Manson
ideazione, regia, luci, progetto sonoro Luigi Noah De Angelis
drammaturgia e costumi Chiara Lagani
con Andrea Argentieri
produzione E Production / Fanny & Alexander
durata 60 minuti
Teatro Arena del Sole
via Indipendenza 44, Bologna
Sala Thierry Salmon
dal 17 al 19 gennaio 2025
venerdì ore 19.00 ǀ sabato ore 21.30 | domenica ore 18.00
Maternità
tratto dal romanzo autobiografico di Sheila Heti (Sellerio editore)
regia, luci, progetto sonoro Luigi Noah De Angelis
con Chiara Lagani
produzione E Production / Fanny & Alexander
durata 50 minuti