Dal 26 maggio all’ex Carmine, l’installazione “Klimt. L’opera ricostruita”

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PIACENZA – In occasione della mostra “Klimt. L’uomo, l’artista, il suo mondo”, giovedì 26 maggio alle 18, presso l’ex Chiesa del Carmine sarà presentato al pubblico l’evento “Klimt. L’opera ricostruita”, un importante progetto di ricostruzione digitale attraverso il quale riprende vita una delle maggiori opere di Gustav Klimt, andata perduta per sempre: “Medicina”, un’opera estremamente controversa.

Spiega in proposito l’assessore alla Cultura e Turismo del Comune di Piacenza Jonathan Papamarenghi: “Il grande interesse che sta suscitando la mostra dedicata a Klimt a Piacenza, ci ha spinto a far conoscere meglio la città e puntare i riflettori sulla restaurata ex chiesa del Carmine, dove abbiamo voluto collocare un’installazione di libera visione, quindi aperta a tutti gratuitamente, attraverso l’esposizione di un’opera molto intrigante di Klimt che coniuga due percorsi: da un lato l’attualità della riproducibilità delle opere d’arte e dall’altro la tutela del patrimonio artistico in epoca di guerra”. Aggiunge: “Con questa esposizione si vuole infatti mostrare come le più avanzate tecniche digitali consentono di avvicinarci sempre di più alla fedele riproduzione di opere realizzate con media tradizionali quali disegno, olio, tempera, marmo, bronzo e altri, attraverso tecnologie di scansione, fotoritocco e stampa che non hanno precedenti e, seppur ancora all’alba dello sviluppo, consentono risultati impressionanti”.

Qual è la storia del dipinto “Medicina”? Nel 1894, a Klimt fu commissionata la realizzazione di una serie di allegorie per il soffitto dell’Aula Magna dell’Università di Vienna. Le tele dovevano rappresentare le facoltà dell’Ateneo, glorificando le scienze razionali e i loro effetti positivi in ambito sociale. Klimt realizzò dunque “Giurisprudenza”, “Filosofia” e “Medicina”, rifiutandosi però apertamente di fornire una visione razionale del mondo. “Medicina”, infatti, non celebrava i traguardi rivoluzionari nell’ambito medico, bensì mostrava un’umanità sull’orlo del baratro, vittima di una crisi sociale, politica e psicologica. L’opera rappresentava un flusso di corpi nudi, crudi e reali, logorati dalle malattie e impotenti contro l’inesorabile forza del tempo. Rappresentava il succedersi degli eventi dell’esistenza umana, dalla creazione alla dissoluzione della vita stessa.

Un’opera rivoluzionaria non solo per i suoi contenuti, ma anche per l’uso dell’oro con cui Klimt aveva un’affinità particolare dovuta alla sua formazione e al lavoro del padre, orafo e incisore. Dopo 6 anni di intenso lavoro, il risultato fu considerato offensivo e i dipinti non verranno mai esposti all’Università di Vienna. Nel 1901 l’opera venne considerata oscena sia per la rappresentazione di corpi nudi, sia per la visione distorta che offriva della scienza medica, di cui Klimt restituiva un’immagine impotente. Da quel momento in poi, Klimt non accettò più progetti pubblici, lavorando esclusivamente per facoltosi committenti privati, molti dei quali di origine ebraica. Con l’ascesa del nazismo e la conseguente promulgazione delle leggi razziali, i principali committenti di Klimt furono arrestati e le loro collezioni depredate e i quadri delle Facoltà riappariranno al pubblico soltanto nel 1943 in una grande mostra monografica su Klimt, che ebbe lo scopo di elevare l’artista a icona della tradizione germanica.

Nel maggio del 1945, durante le ultime ore della Seconda guerra mondiale, un’unità delle SS naziste (in ritirata in seguito alla dichiarazione di resa) decise di passare l’ultima notte di guerra in un castello dell’Austria settentrionale: il castello di Immendorf. Qui, gli ufficiali trovarono nascosta un’incredibile raccolta di opere d’arte, portata in salvo dai bombardamenti. Tra queste alcuni lavori di Gustav Klimt e in particolare “Medicina”. Quella notte, gli ufficiali delle SS, per paura che i russi potessero mettere le mani sulle opere, pianificarono e appiccarono un incendio che distrusse l’intero castello e la preziosa collezione che vi era custodita.

Settant’anni dopo, la squadra internazionale di esperti d’arte di Factum Arte ha riportato in vita “Medicina”, il capolavoro perduto di Klimt, grazie a un lungo lavoro in cui la versione a colori del dipinto, ricostruita con tecniche speciali, è stata fotografata in alta risoluzione e sovrapposta digitalmente all’unica fotografia esistente, in bianco e nero. Le avanzate tecniche di analisi hanno permesso agli esperti di confrontare le pennellate di Klimt con quelle degli autori del team di Factum Arte e di ritoccare digitalmente queste ultime per avvicinarle il più possibile allo stile dell’artista viennese, per poi concentrarsi sulla riproduzione della firma di Klimt che viene incorporata nella versione finale, pronta per essere stampata e per passare al complicato processo di doratura.

“Klimt. L’opera ricostruita” si inserisce all’interno del progetto “Il mistero dei capolavori perduti”, la serie di Sky Arte realizzata da Ballandi che racconta la storia di sette celebri dipinti – realizzati tra il XVII secolo e gli anni Cinquanta – ad oggi tragicamente perduti e ne segue il processo di rimaterializzazione grazie alle più moderne tecnologie a cura di Factum Arte, l’organizzazione fondata da Adam Lowe a Madrid, impegnata nella valorizzazione del patrimonio artistico mondiale. “Il mistero dei capolavori perduti” è disponibile on demand su Sky e in streaming su NOW.

A seguire, dopo l’inaugurazione dell’installazione klimtiana, l’Etoile Ballet Theatre presenterà “L’Amour”, ovvero estratti delle coreografie di Ines Albertini e Walter Angelini dei balletti de “Il Grande Gatsby” e “Frankie and Johnny”. “Questa compagnia di balletto – spiega il coreografo Angelini – vanta un roster internazionale con 36 ballerini provenienti da Italia, Messico, Cuba, Stati Uniti, Canada, Portogallo, Scozia, Finlandia e Giappone”.