Parma

Colorno: visita di Judith Wade alla Mostra delle Porcellane e al Giardino

Judith Wade alla mostra delle Porcellane dei Duchi di Parma, con Balestrazzi e Sabbadini

PARMA – Judith Wade, la fondatrice della rete dei Grandi Giardini Italiani ha visitato ieri a Colorno la Reggia e la mostra delle Porcellane dei Duchi di Parma, accompagnata dal Presidente della Provincia di Parma Diego Rossi, dal Delegato al Patrimonio Alessandro Tassi Carboni, dal Vice sindaco di Colorno Cristiano Vecchi, da Antonella Balestrazzi di Antea, gestore della Reggia e i tecnici provinciali Simona Sabbadini ed Enrico Pisi

“Una mostra davvero magnifica” ha commentato Judith Wade, che si è poi soffermata nel Giardino Storico della Reggia, che da quest’anno ritorna nella Guida dei Grandi Giardini Italiani, rete che comprende oltre 140 prestigiose realtà, tra cui Villa Taranto di Verbania, la Reggia di Caserta, la Reggia di Venaria, Villa d’Este a Tivoli.

“I giardini sono stati un’oasi di serenità nell’anno più difficile, quello della pandemia, attraendo anche un pubblico giovane, con una stagionalità di 9 mesi l’anno – ha spiegato Judith Wade –   I Grandi Giardini infatti hanno visto buone presenze anche nell’anno del Covid, con un aumento del 35% di visitatori tra luglio e ottobre 2020 rispetto all’anno precedente. Il Giardino della Reggia di Colorno è uno dei gioielli preziosi della rete.”

“Essere nel circuito dei Grandi giardini italiani è una straordinaria occasione di promozione, che si aggiunge alle bellezze della nostra Reggia – ha dichiarato il Presidente della Provincia di Parma Diego Rossi – In questi due anni la Provincia si è attivata con una serie di lavori straordinari, in particolare sulla parte di giardino romantico, a ulteriore testimonianza della volontà di sfruttare al meglio tutte le potenzialità di questo straordinario patrimonio collettivo, per un bacino non solo locale.”

IL GIARDINO DELLA REGGIA DI COLORNO. Il primitivo giardino venne pensato già nella seconda metà del 1400 da Roberto Sanseverino e poi ampliato da Barbara Sanseverino alla fine del 1500.

Grandi trasformazioni avvennero al tempo del Duca Francesco Farnese (tra il 1690 ed il 1719) quando il giardino si arricchì di magnifiche e imponenti fontane.

Con l’arrivo a Parma di Don Filippo di Borbone e della moglie Babette nel 1749 il giardino all’italiana farnesiano venne in pochi anni trasformato in giardino alla francese. Il ministro Du Tillot chiamò a Colorno l’allora giardiniere di Versailles François Anquetil detto il Delisle che, su disegno del Petitot, realizzò il parterre ad aiuole e fiori.

Maria Luigia nei primi anni di regno (1816-1823) volle trasformare il giardino alla francese in bosco romantico all’inglese avvalendosi della collaborazione del presidente della società Botanica di Londra Carlo Barvitius. Vennero innestate molte piante rare (tra cui la Zelcova Carpinifoglia tuttora esistente), creato il laghetto con isola dell’amore e potenziate le serre in cui Maria Luigia amava coltivare speciali varietà di insalata.

Il bosco vede la presenza di frassini, tigli e ippocastani, pioppi, platani, olmi, robinie, aceri carpini, ginko biloba, ed altre essenze.

Dopo un periodo di decadenza seguito all’Unità d’Italia il giardino è stato restaurato a spese della Provincia di Parma fra il 1998 ed il maggio del 2000 quando è stata inaugurata la risistemazione del parterre alla francese eseguita sui progetti originali del Delisle.

I LAVORI DEGLI ULTIMI ANNI. Nel 2019 si sono conclusi i lavori dell’area romantica del Parco della Reggia, costati 218 mila euro, che hanno comportato interventi considerevoli: la maggior parte degli alberi ha richiesto operazioni di potatura e risanamento e circa un centinaio di piante sono state abbattute, con successiva ripiantumazione.

I lavori hanno compreso anche la sistemazione del laghetto, con il consolidamento e la piantumazione delle sue sponde e l’introduzione di un’apposita cartellonistica informativa, con bacheche di legno e il ripristino della pavimentazione dei vialetti con la rimozione del residuo di limo rimasto dopo l’alluvione.

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Pubblicato da
Roberto Di Biase

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