Vittorio Barbieri: “Ma quali vini da due soldi, qua a Piacenza abbiamo una ricchezza immensa!”

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L’enologo e curatore dell’Atlante del vino piacentino racconta pregi e difetti del nostro panorama vitivinicolo

PIACENZA – La storia della viticoltura nella nostra provincia arriva da molto lontano, ma nel corso degli anni si è incappati più volte in errori ed equivoci che non ci hanno permesso di sviluppare al massimo le nostre capacità, e questo lo spiega benissimo Vittorio Barbieri nel suo Atlante del vino piacentino.

Nel libro edito da Edizioni Officine Gutenberg, l’enologo, produttore diretto e collaboratore di diverse realtà tra le quali la Guida Vini d’Italia di Slow Food/Gamberorosso e Slowine; racconta da un lato le grandi possibilità del nostro territorio e dall’altro le difficoltà di farlo conoscere non solo agli operatori del settore, ma anche agli stessi piacentini.

Come e quando nasce l’Atlante del vino piacentino?

L’idea dell’Atlante nasce a inizio 2017 dall’esigenza di mettere a disposizione degli appassionati e degli operatori uno strumento di lavoro per raccontare il territorio vitivinicolo piacentino. Alle fiere, nazionali e non, Piacenza è ancora un grosso punto di domanda. Il visitatore, ma anche il collega produttore di altre aree, spesso non sa nemmeno collocare geograficamente i colli piacentini. Non sa quali vini vengano prodotti qui. Molti conoscono il Gutturnio, ma altrettanti vengono a chiederti un “Gotturnio” o un “Gutturnino”.

Come si trova scritto nella quarta di copertina “Un Atlante serve ad orientare”. Questo presuppone che nel mondo del vino piacentino si rischia un po’ di perdere la rotta?

Sì, ed è una situazione complessa. Anzi, confusa. I motivi vanno ricercati in una serie di fattori storico-culturali che ci hanno portato a essere quello che siamo oggi: un territorio che in parte vive, e ha vissuto, di equivoci. Molto del vino prodotto è frizzante, per esempio, ma i suoli, l’attuale clima e i vitigni, sarebbero forse più adatti a produrre vini fermi da invecchiamento o vini Passiti. Il frizzante spesso diventa una forzatura in queste condizioni. Abbiamo un grande vitigno come la Malvasia di Candia Aromatica ma l’abbiamo svilito puntando sull’Ortrugo, varietà degna ma con molte meno risorse da offrire.

Il nostro è un territorio poco conosciuto, che però riserva diverse sorprese…

Certamente, quando mi capita di far assaggiare bottiglie locali a non piacentini, soprattutto vini passiti e Vin Santi, o Malvasia e Gutturnio fermi con qualche anno sulle spalle, le persone che assaggiano, dal semplice appassionato al produttore di vino, dal sommelier al giornalista, restano a bocca aperta.

Qual è l’errore più grave quando si parla del vino piacentino?

Pensare che sia tutto vino da due soldi che viene svenduto al supermercato. O che sia tutto una brutta copia dei Lambrusco o dei Prosecco. Da produttore ormai affronto quotidianamente questi problemi. Siamo ancora a questi livelli, all’ABC, nonostante non manchino i premi e i riconoscimenti della critica.

Per un operatore come te, qual è l’idea che c’è al di fuori di Piacenza sulla nostra produzione vinicola?

Oltre ai preconcetti di cui ti ho parlato prima, per fortuna in ambiti magari ristretti ma attenti e curiosi – in Italia come all’estero – i colli piacentini hanno da tempo iniziato a farsi conoscere come zona di grandi potenzialità e dai mille tesori nascosti. Ma è un processo iniziato di recente, ci vorrà ancora tempo.

Sappiamo che la competizione sul mercato del vino è molto alta, qual è la strada che devono percorrere le nostre aziende per competere a livello mondiale?

Facile a dirsi, difficile a farsi: identificare sempre meglio la propria produzione, concentrandosi su una viticoltura eco-compatibile che valorizzi i vitigni locali e, più in generale, i caratteri irripetibili che il nostro territorio ci mette a disposizione. Ogni vallata e ogni terra ha peculiarità (umane e pedo-climatiche) che, attraverso scelte consapevoli, possono originare risultati unici e originali, nulla che sia ripetibile altrove. Una ricchezza immensa.

L’autore: Vittorio Barbieri

Ex formatore professionale in ambito enogastronomico, ha collaborato con la Guida Vini d’Italia di Slow Food/Gamberorosso dal 2003 al 2009 ed è stato tra i principali collaboratori di Slowine (la Guida dei vini di Slow Food) fino al 2012. Nel 2013 ha creato rieslingarten.blogspot.it, l’unico blog in lingua italiana dedicato al Riesling Renano, ed è diventato produttore di vino nei colli piacentini con l’azienda Cascinotta di Rizzolo.

La prefazione a cura di una grande firma del giornalismo italiano: Michele Serra

Una delle penne più sottili del giornalismo italiano ha deciso di aprire questo Atlante del vino piacentino con una sua prefazione, stiamo parlando di Michele Serra. Per lui, nato a Roma ma divenuto milanese già nel 1959, una carriera partita nel 1975 all’Unità e che lo vede nel tempo diventare redattore, poi inviato sportivo, fino a farlo arrivare a scrivere di spettacolo. Un percorso che lo porta prima alla satira, poi al teatro e alla televisione, e ai libri. Oggi collabora con la Repubblica, L’Espresso e il Venerdì di Repubblica.