Dopo giorni di indagini e colloqui, la donna si è convinta a denunciare. Decisiva l’intuizione del personale dell’Unità tutela soggetti deboli
La vicenda comincia per caso, una domenica di marzo, con la segnalazione di un vicino disturbato dalla musica sacra ad altissimo volume proveniente da un appartamento. Gli agenti si recano sul posto e trovano un uomo, agli arresti domiciliari per danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale, insieme alla moglie, visibilmente dolorante ma che sostiene di soffrire di emicrania. Gli agenti, prima di uscire dall’appartamento, chiedono alla donna se ha bisogno di aiuto e lei prima esita e poi rifiuta. L’esitazione accende un dubbio nel personale della Polizia Municipale, sensibile ai temi legati alle violenze familiari grazie alla formazione effettuata all’interno del Corpo. Gli agenti informano i superiori e si decide di avviare un’attività di indagine e di controllo per tenere monitorata la situazione nell’appartamento. Si scopre intanto che l’uomo è seguito da un Centro di Salute Mentale, pertanto l’osservazione della situazione viene intensificata. Gli agenti riescono a intercettare la donna alcuni giorni dopo: il marito le concede un raro attimo di tregua e lei si rifugia in un parco. Purtroppo però il tentativo degli agenti non dà esito positivo. A quel punto, convinti che la signora si trovi in pericolo, si tenta un’altra strada: viene rintracciata la figlia, che abita fuori regione, e grazie alla sua collaborazione due agenti in borghese riescono a entrare nuovamente nell’abitazione e a entrare in contatto con la signora, spaventata e remissiva nei confronti del marito, sempre presente. La donna ribadisce che non ha bisogno di aiuto, anche di fronte all’offerta di tutela da parte degli agenti. Passa ancora qualche giorno, finché la donna, in seguito all’ennesima violenza subita tra le mura domestiche, ha necessità di essere visitata al Pronto soccorso di un ospedale della città: è lì che viene raggiunta di nuovo dagli agenti della Polizia Municipale che finalmente riescono a convincerla a sporgere denuncia contro il marito. L’uomo, già in cura per problemi psichiatrici, è stato prima sottoposto a un trattamento sanitario obbligatorio e ora si trova nel carcere di Modena. Dovrà rispondere all’Autorità Giudiziaria per evasione, sequestro di persona, minacce e lesioni, maltrattamenti in famiglia.
L’Unità tutela soggetti deboli è nata nel novembre del 2017 in seno alla Polizia Municipale di Bologna. E’ chiamata a gestire eventuali vittime di violenza domestica, maltrattamenti e atti persecutori. L’obiettivo del nucleo non è solo quello di attivarsi in fase di denuncia o di flagranza di reato ma di lavorare sulla prevenzione in collaborazione con i Servizi Sociali e riuscire a intervenire in tempo. L’Unità è uno dei frutti del Protocollo promosso da Comune di Bologna e Prefettura, firmato a marzo del 2017, è formata su base volontaria da una quarantina di agenti, compresi cinque ispettori. Tutti gli agenti, per la maggior parte donne, hanno partecipato a una formazione specifica curata dalla Scuola interregionale di Polizia Locale.
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