Lamana, album d’esordio dei FusaiFusa

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BOLOGNA – Da Aleppo all’Italia, passando per il Maghreb. Attraversando il mare e il deserto. Ascoltando infinite storie di umanità. Creando il suono di un mondo futuro che nasce da culture antichissime.

È uscito il 15 marzo Lamana, album d’esordio dei FusaiFusa, travolgente ensemble musicale che si muove all’incrocio fra sonorità mediorientali e afro-beat, ritmi maghrebini ed elettronica, sufismo e cultura tradizionale sub-sahariana. L’album esce per Locomotiv Records ed è stato anticipato da due singoli, Bêrîvanê e la title-track.

I FusaiFusa nascono nell’alveo della frizzante scena animata dal Locomotiv Club di Bologna, grazie all’incontro fra tre artisti talentuosi, espressione di alcune delle culture più antiche e seducenti dell’area mediterranea: il compositore e polistrumentista curdo-siriano Ashti Abdo, il percussionista e producer elettronico tunisino Taha Ennouri e il cantante e autore di musica Sufi, anch’egli tunisino, Ali Belazi. Il nome della band deriva da un termine arabo che rimanda al concetto di mosaico, a rimarcare l’attitudine condivisa a creare ponti fra suoni diversi e battiti eterogenei, a riunire molteplici sensibilità in una visione della musica (e della vita) improntata all’armonia fra le parti e alla connessione con il tutto. Un antidoto al veleno dello schematismo e delle contrapposizioni che segnano drammaticamente il nostro presente e minacciano il nostro domani.

Lamana, il titolo all’album, è invece un’affascinante ma intraducibile parola araba che descrive la forza profonda di affidare qualcosa di inestimabile a qualcuno, evocando i concetti di cura e di fiducia.  Lamana è così la musica stessa, che per i FusaiFusa è un tesoro da custodire e condividere con il mondo. Ed è anche il titolo della canzone-manifesto dell’album, un brano che sottolinea il ruolo e la responsabilità degli artisti come espressione della “voce collettiva”. Una traccia fatta di ritmi ossessivi, incursioni elettroniche e suadenti melodie, carica di simbolismo, che affida alle percussioni e ai qraqeb il compito di incarnare il rumore delle catene ai piedi degli schiavi, esplodendo in un vero e proprio rituale di liberazione, mistico e politico al tempo stesso. Così come mistica e politica è anche la lunga e inebriante traccia strumentale che apre il disco, Exodus, una traversata sonora meditativa e psichedelica, ai limiti del trascendentale, che esprime in forma di musica il viaggio dei migranti attraverso il deserto: un viaggio reale, fisico, ma che è prima di tutto un travagliato e drammatico viaggio interiore, racchiuso fra la decisione di partire e la prospettiva della nuova realtà che si trova all’arrivo.

Un mood completamente diverso avvolge la terza traccia del disco, rilettura di un brano di Ciwan Haco, pioniere di quella scena musicale curda contaminata da elementi blues, jazz e rock: Bêrîvanê è una canzone d’amore in cui chitarre saracene e sintetizzatori danno vita a una danza di comunità, in grado di contagiare, come in un incantesimo, chiunque si trovi nei paraggi.  Al suo centro, l’album esplode in un vortice sonoro che racchiude l’identità artistica stessa del gruppo, con un brano dal titolo (non a caso) FusaiFusa: qui la ricchezza della musica ma’luf arabo-andalusa con il  tipico cordofono oud, la maestosità della zocra berbera, il fascino del saz curdo, le sperimentazioni elettroniche e le influenze europee dipingono un vibrante mosaico di culture, esperienze e tradizioni che si intrecciano armoniosamente.

In una dimensione che è al tempo stesso umana e spirituale, terrena e cosmica, i FusaiFusa non potevano che incontrare idealmente, lungo il loro percorso, un artista come Franco Battiato che più di tutti, nella cultura italiana ed europea, si è avvicinato al sufismo e alla cultura araba. Ne viene fuori la rilettura di L’ombra della luce, un pezzo firmato dal Maestro nel 1991 per l’album Come un cammello in una grondaia. Alla solennità orchestrale del brano originale, i FusaiFusa sostituiscono la dimensione sonora che più gli appartiene, conferendo a questa preghiera all’universo e al rapporto fra vita e morte un’aura ancora più mistica. Puro divertissement sonoro è invece il pezzo successivo, Mistikî, brano dedicato a un bizzarro personaggio di nome Mustafà, una traccia che sviluppa con un tempo dispari introdotto dal saz piccolo acuto, si arricchisce con l’aggiunta della batteria, del basso e delle percussioni e, in modo sorprendente, anche da improvvise irruzioni del marranzano.

Lamana si chiude infine con un altro omaggio al musicista curdo Ciwan Haco: Hevala Evîndar è una canzone, di rara profondità emotiva, sulla fratellanza tra combattenti e sulla desolazione lasciata dalla guerra, in un crescendo che culmina in un sentimento misto fra orgoglio e malinconia. I FusaiFusa debuttano così con un lavoro che celebra l’assoluta ricchezza e complessità dell’essere umano e del suo rapporto con la Storia e con il Mondo.

Credits

ALI BELAZI – vocals, percussions
ASHTI ABDO – vocals, saz (tembûr), percussions, marranzano, woodwinds
TAHA ENNOURI – drums, percussions, electronics

Guests:

ABDALLAH AJERRAR – guembri, vocals (Lamana)
GIANLUCA SIA – synths, soprano saxophone (Lamana)
JALAL NADER – saz (Lamana)
MOSAAB HAMAD – vocals (Lamana)
WISSEM ZIAD – oud (Fusaifusa)
FEDERICO GUECI  – double bass, moog (Bêrîvanê, Exodus, Mistikî, Hevala Evîndar, L’ombra della luce)

LOCO004 – © & ℗ Locomotiv Records 2024

Tracklist

1.     Exodus
2.     Lamana
3.     Bêrîvanê
4.     FusaiFusa
5.     L’ombra della luce
6.     Mistikî
7.     Hevala Evîndar

Bio

Ashti Abdo è un cantante, polistrumentista e compositore curdo, nato ad Aleppo e cresciuto ad Afrin. La sua passione per la musica nasce durante l’infanzia trascorsa tra le colline del suo villaggio, immergendosi nelle storie e canzoni degli anziani e nei suoni della natura. Da bambino, ha appreso a cantare ninne nanne tradizionali a sua sorella e a suonare lo strumento tipico curdo, il tembûr (saz), con suo fratello. Dopo essersi trasferito in Italia da adolescente, Ashti ha continuato a suonare il tembûr in modo autodidatta e ha iniziato a esibirsi come artista solista. Nel 2012 si è unito all’ensemble Domo Emigrantes, portando nel gruppo suoni e texture tipiche del Medio Oriente. Questo incontro lo avvicinò ai ritmi tipici del Sud Italia e all’uso di strumenti come il marranzano e i tamburi a cornice. Dal 2014 suona saz, mandolino e percussioni nell’ensemble Piccola Banda Rebelde canta De André. Nel 2015 Ashti ha collaborato con Angelo Petraglia e Francesco Forzani per creare Beja: “la musica, il racconto, la guerra”, un progetto di improvvisazione musicale basato su una personale interpretazione dell’esperienza di guerra. Nel 2018 ha vinto il premio DoReMiFaSud, una competizione che promuove l’integrazione e il dialogo tra diverse culture musicali. Ospite solista al Teatro Massimo di Palermo in occasione del Concerto di Capodanno del 2020, accompagnato dall’Orchestra del Teatro Massimo diretta dal maestro Omer Meir Wellber e dal coro diretto da Ciro Visco. Tra i progetti più recenti, il trio con Manuel Buda e Fabio Marconi con cui ha pubblicato gli album Karsilama e Oltremura, e il gruppo FusaiFusa, ai quali affianca parallelamente la sua attività solista.

Musicista, batterista/percussionista e compositore di musica elettronica, Taha Ennouri è stato attivo nella scena musicale alternativa tunisina. Fin da giovane, ha preso parte a diversi progetti musicali che abbracciano una vasta gamma di generi, dalla sperimentazione al rock, dal reggae alla musica nord-africana, fino all’electro-dub. Tra i suoi progetti più significativi figurano Trig, Chabbouba Stambeli Urbain, Hiya wal Aalam e Gultrah Sound System, ognuno dei quali ha contribuito a plasmare la ricca tessitura musicale dell’artista. Il suo approccio alla musica è intriso di un profondo interesse per la diversità delle culture globali e le loro molteplici espressioni musicali, cercando di tradurre queste influenze in un linguaggio sonoro unico e personale. Abbracciando la sperimentazione e l’eclettismo, Taha Ennouri continua a estendere la sua ricerca nel mondo del suono e delle percussioni, sia in solo, con il suo moniker ArkTah’, sia in gruppo, con il progetto FusaiFusa.

Ali Belazi è un percussionista, paroliere in arabo e cantante di origini tunisine. Si avvicina alla musica in giovane età, immergendosi negli ambienti legati alla tradizione musicale Sufi, alla musica popolare e folkloristica. In seguito, ha dato vita a progetti musicali come Yamam e Strava, che lo hanno visto cimentarsi con diversi stili e generi. La sua collaborazione pluriennale con Mizrap Band ha ulteriormente arricchito il suo bagaglio musicale e consolidato la sua reputazione come musicista eclettico e estroso. Dopo il suo arrivo in Italia, Ali Belazi ha deciso di portare avanti il suo percorso musicale, cercando di unire culture e tradizioni diverse attraverso progetti in cui la dimensione dell’incontro è preminente: la profonda comprensione della musica Sufi e delle radici musicali tunisine si riflettono nella sua missione di creare un ponte musicale tra mondi culturali apparentemente lontani.