Giorno del Ricordo 2022, seduta solenne congiunta dei Consigli comunale e metropolitano, gli interventi

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BOLOGNA – Si è tenuta oggi 14 febbraio, in videoconferenza dalla sala del Consiglio a Palazzo d’Accursio, la seduta solenne congiunta dei Consigli comunale e metropolitano dedicata al Giorno del Ricordo.

Dopo i saluti e l’introduzione della presidente del Consiglio comunale Maria Caterina Manca e i saluti di Chiara Sirk, presidente del Comitato di Bologna dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, è intervenuto in collegamento Marino Micich, direttore dell’Archivio del Museo storico di Fiume. Ha concluso la seduta il sindaco del Comune e della Città metropolitana di Bologna, Matteo Lepore.

A questo link https://youtu.be/rau9QyuK09s è possibile riascoltare gli interventi di Chiara Sirk (24min 26sec) e Marino Micich (28min 30sec).

Intervento della presidente del Consiglio comunale Maria Caterina Manca:

“Buongiorno a tutte e tutti.

Diamo inizio a questa seduta solenne in occasione del Giorno del Ricordo, che vede riuniti il Consiglio comunale e il Consiglio metropolitano di Bologna.

Saluto i Consiglieri, il Sindaco, i componenti della Giunta, le autorità e tutti coloro che ci seguono online.

Come ogni anno, celebriamo questa ricorrenza, istituita giustamente come solennità civile nazionale con la legge n. 92 del 30 marzo 2004 “al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della piu’ complessa vicenda del confine orientale”.(art.1 )

Una tragedia che ha portato alla morte migliaia di italiani “infoibati”, di cui tuttora non si conosce il numero esatto, per mano dell’esercito jugoslavo del maresciallo Tito.

Una vicenda tragica anche per tutti gli italiani, stimati tra i 300.000 e 320.000, che, dopo la pacificazione internazionale, si assoggettarono all’esodo dalle loro terre in Istria e Dalmazia e migrarono in Italia, dove incontrarono anche momenti di incomprensione, indifferenza e intolleranza.

Tramandare, conservare e rinnovare la memoria di questa immane tragedia . “È un impegno di civiltà – come chiaramente affermato in occasione del Giorno del Ricordo dal nostro Presidente della Repubblica.

Abbiamo da tempo attribuito il dovuto rilievo a queste vicende storiche, grazie alla conoscenza, sensibilizzazione e formazione di una coscienza civica, soprattutto tra le giovani generazioni, basate sul rispetto dei diritti, la tolleranza e il dialogo tra le etnie.

È anche grazie a questo impegno se la tragedia delle Foibe e dell’esodo è entrata a far parte della memoria collettiva, che oggi intendiamo ricordare e rinnovare, come monito contro le ideologie e i regimi totalitari che non tutelano le minoranze; questo impegno, necessario e imprescindibile per promuovere i valori della democrazia e della pace deve essere continuo e costante.

Sono nostri ospiti oggi per questo Consiglio Solenne la Presidente provinciale della Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Chiara Sirk che saluto e ringrazio molto per la sua preziosa collaborazione e il dott. Marino Micich, storico, ricercatore, direttore dell’Archivio Museo storico di Fiume, con sede a Roma. L’Archivio museo storico è stato riconosciuto con la medesima legge che ha istituito il Giorno del Ricordo, in modo da valorizzare il patrimonio culturale, storico, letterario e artistico degli italiani di Fiume, Istria e Dalmazia, e preservare le tradizioni delle comunita’ istriano-dalmate residenti nel territorio nazionale e all’estero.

Ringrazio il dott. Micich per essere qui a portare il suo contributo di esperto.

Cedo la parola, intanto a Chiara Sirk per un saluto al quale seguirà la relazione del dott. Micich.

Al termine interverrà per le conclusioni il Sindaco cittadino e metropolitano Matteo Lepore”.

Intervento del sindaco Matteo Lepore:

“Gentili consigliere e consiglieri, do il benvenuto alla dottoressa Chiara Sirk, qui presente, e al dottor Micich che è appena intervenuto e che ci segue e ai tanti cittadini e cittadine che della nostra Bologna sono vicini per motivi di affetto, di parentela alle vittime e agli esuli e alle persone che in questi decenni hanno studiato e seguito la causa che oggi poniamo al centro di un Consiglio solenne, che è voluto da una legge dello Stato. O, meglio, questa giornata è voluta da una legge dello Stato e il nostro Comune ha deciso di omaggiarla con un Consiglio solenne.

Una ricorrenza che, come abbiamo sentito, è stata istituita nel 2004 per ricordare le sofferenze patite dagli esuli giuliano-dalmati e dai parenti di chi perse la vita nelle stragi dal ‘43 al ‘45. Si stima – l’abbiamo sentito – che l’esodo abbia riguardato circa 300 mila istriani, fiumani e dalmati. Io credo che in questa sede, da Sindaco, non posso non affermare che le foibe furono un crimine contro l’umanità. Questa legge, istitutiva del Giorno del ricordo, che cade il 10 febbraio, costituisce un momento importante perché rappresenta il tentativo della nostra Repubblica di restituire a un pezzo di memoria contesa una dimensione condivisa. Ed è anche per questa ragione che tale legge fu votata a grande maggioranza dalle forze politiche presenti allora in Parlamento.

Un invito, quello della legge, che dobbiamo dirci con sincerità, proprio per evitare che certi momenti siano mere rivendicazioni e invece siano un utile momento di riflessione e di approfondimento, un invito che non è ancora pienamente compiuto, se è vero che ogni anno assistiamo ad un tentativo, a volte strisciante, a volte palese, di strumentalizzare queste vicende, facendone materia di contesa politica, identitaria, portando in alcuni casi anche a gesti vili come imbrattare le targhe commemorative. Purtroppo a Bologna abbiamo visto un gesto avvenire nei giorni scorsi, proprio riguardante la targa intitolata a Norma Cossetto nel giardino di via Guelfa. Un episodio che ho voluto personalmente condannare a nome dell’Amministrazione.

Mi permetto di affermare che oggi è quanto mai necessario respingere il tentativo di colonizzare politicamente ricorrenze come queste, perché rovesciano un assunto di partenza: quello di sottrarre la memoria al gioco delle parti per restituirla, pur nella sua complessità, ad un processo di studio e un percorso da condividere. Oggi dobbiamo dirci due cose. La prima, che la sopraffazione e la violenza non hanno mai giustificazione. E questo come rappresentanti delle istituzioni dobbiamo ribadirlo con grandissima limpidezza. La seconda è che, se rinunciamo a ricercare le ragioni che muovono i contesti, se rinunciamo a capire il mondo, gli avvenimenti per come si manifestano, rinunciamo a fare memoria. Da queste nostre giornate deve nascere e rinnovarsi un impulso a capire meglio, stimolare la ricerca scientifica, il lavoro degli storici, lo studio, la riflessione sui banchi delle scuole, il coinvolgimento dei nostri ragazzi, delle future generazioni che sempre di più non vivranno in prima persona l’incontro con i testimoni e il trasferimento familiare anche di quelle che sono state delle vicende che hanno toccato la popolazione del nostro territorio.

Viviamo in un tempo dove la cifra della comunicazione purtroppo tende a una grandissima semplificazione, una modalità che allontana sempre di più dalla complessità e dalla realtà, e oggi come non mai anche la nostra città sente il bisogno, le istituzioni che rappresentiamo hanno questo compito di incentivare percorsi, la città della memoria, l’abbiamo detto, che vuole nei propri luoghi di incontro, nei propri progetti darsi un metodo e una storia nuova.

Questa giornata deve invitarci ad allargare il nostro respiro e in particolare anche a soffermarci sulla dimensione della frontiera, del superamento del senso di separazione, della riconciliazione, per guardare in una direzione che ci veda fianco a fianco come popoli amici. Mi piace dunque ricordare un’immagine di due anni fa, che è stata evocata, un’istantanea che rappresenta un salto veramente importante sul valore e sulla comprensione di questa giornata. Mi riferisco alla visita a Trieste, nel 2020, del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella insieme al Presidente sloveno Pahor, che insieme hanno reso onore, mano nella mano, a un luogo per il nostro Paese molto importante: la foiba di Basovizza. E ancora mano nella mano hanno fatto la stessa cosa di fronte a un monumento che ricorda quattro antifascisti sloveni fucilati nel 1930 per ordine del tribunale speciale fascista. Un gesto di riconciliazione che allora il Presidente Mattarella raccontò con queste parole: ‘La storia non si cancella e le esperienze dolorose, sofferte delle popolazioni di queste terre non si dimenticano. Il tempo presente e l’avvenire chiamano al senso di responsabilità, a compiere una scelta tra fare di quelle sofferenze patite dall’una e dall’altra parte l’unico oggetto dei nostri pensieri coltivando risentimento e rancore, oppure, al contrario, farne patrimonio comune nel ricordo e nel rispetto, sviluppando collaborazione, amicizia e condivisione del futuro’.

Allora il Presidente Mattarella aggiunse in quell’occasione che ‘Sloveni e italiani sono decisamente per la seconda strada rivolta al futuro, in nome dei valori oggi comuni di libertà, democrazia, pace. Anche perché il significato di frontiera come separazione è ormai per fortuna superato per effetto della comune scelta di integrazione nell’Unione europea’. Indubbiamente queste parole sono quanto mai attuali, anche in negativo, per quello che in realtà la nostra Europa non è ancora in grado di fare.

Capire quello che è accaduto, dare il nome giusto alle cose è fondamentale, anche per affrontare quei venti di guerra che purtroppo oggi soffiano sul nostro continente. La guerra infatti, che si chiami fredda, che si chiami cibernetica o di posizione, sempre guerra è. È un principio di dominio dell’uomo sull’uomo, degli Stati sugli Stati, degli uomini sulle donne e sull’infanzia. Ecco, la nostra Costituzione ripudia la guerra come strumento di offesa alle libertà di popoli e credo che questa Giornata del ricordo, questo Consiglio solenne rappresenti un monito rivolto a tutti noi, ma in particolare rivolto all’Europa: una patria i cui confini non devono essere considerati mobili, bensì umani, un’Europa delle persone e non delle nazioni e dei nazionalismi che causarono esattamente quello di cui oggi abbiamo parlato, un’Europa dei diritti e un’Europa della memoria”.