L’artista Paolo Buzzi da sempre integra nel suo lavoro opere scultoree e installazioni con dipinti e opere su carta, secondo una visione estetica che ci consegna un’immagine di paesaggio al grado zero della sua possibilità rappresentativa. Nel suo percorso, dominato dal tema della natura, la pratica pittorica si fa pratica sottrattiva, in un’economia segnica e cromatica che tende a diluire l’oggetto, a sfaldarlo e sottilizzarlo, inseguendo un approccio alla realtà totalmente sinestetico. L’elemento naturale viene innestato a strutture di recupero, creando degli assemblaggi, che rivestiti da una glassa immacolata, sembrano assumere una funzione totemica – quasi fossero tanti singoli oggetti di culto, araldi di un’altra dimensione.
L’iter figurativo di Paolo Buzzi, dai paesaggi postindustriali degli esordi, agli scorci urbani, per giungere infine alle tele, dove si dispiegano stralci e intermittenze di una natura allo stato selvatico, tutto il suo percorso tematico così come il suo gesto pittorico, ogni cosa si conforma alla volontà di instaurare degli intervalli, di fare della mancanza, di sottrarre peso alla ipersignificazione. Contro questo horror pleni, questa spirale inarrestabile di oggetti, informazioni, segni, egli schiera la sua personale cupio dissolvi; alla visione densa, opaca, sostanziale del paesaggio che ci circonda, egli oppone dei passaggi d’ombra, delle sfocature, dei vuoti.
La sua pratica consiste – come spiega la curatrice Roberta Bertozzi – in un procedere per sottrazione, togliendo strato a strato, sfibrando l’immagine, abbreviandola. E se resiste una essenziale bicromia, giocata sui toni non toni dei beiges, dei grigi, dei blu, essa ha esclusivamente funzione struttiva, è diretta a porre in rilievo ciò che tuttavia sentiamo vacillare sull’orlo d’una labilità inverosimile: quasi che termine esclusivo del suo esercizio fosse soltanto quello di fare un’estrema pulizia, quasi che il suo più remoto impulso consistesse nel voler sublimare ogni figura assimilandola al bianco della tela.
Performance musicale
GDG Modern trio
Il gruppo è formato da Francesco Giampaoli, Bruno Dorella e Stefano Ghittoni. Tre musicisti, provenienti da esperienze diverse, hanno dato vita al disco SPAZIO 1918, un Retrofuturo, in cui l’elettronica ha un sapore vintage, la musica di bassi e chitarre ha una ritmica elettronica e dove le certezze di chi suona si adattano a mutamenti inattesi.
IN-STUDIO si innesta all’interno di una rassegna più ampia: VIE PERIFERICHE, il cui termine “periferico” non sottolinea la sua valenza secondaria, bensì, acquista primaria importanza nell’economia di un sistema che determina l’identità di un territorio come quello emiliano-romagnolo.
ULTERIORI FOTO QUI: https://we.tl/t-w5aTLY1Z1S
IN-STUDIO
9 settembre ore 18.30
Paolo Buzzi + GDG Modern trio
via Fornazzo 16 Bagnacavallo
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