Consiglio comunale di Bologna: intervento del sindaco Matteo Lepore

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BOLOGNA – Intervento del sindaco Matteo Lepore:

“Grazie Presidente,

gentili consigliere e consiglieri,

per prima cosa vorrei salutare Edith Bruck che è intervenuta in questo Consiglio solenne e ci ha portato la sua testimonianza molto importante, che in questi mesi sta girando l’Italia e l’Europa in tantissime occasioni di presentazione dei suoi libri e racconta la sua storia, come ha fatto ora a noi e ai cittadini che ci seguono online e sui social possono riascoltare e rivedere in tante altre occasioni.

Il Consiglio solenne è il momento in cui il Consiglio comunale di Bologna e della Città metropolitana insieme chiudono oltre una settimana di iniziative che abbiamo promosso come eventi nel nostro territorio. Sono state davvero molte le iniziative, in particolare quest’anno, tante promosse nelle scuole e nelle nostre biblioteche, voglio ricordare le iniziative che il 27 gennaio abbiamo promosso insieme alla Comunità ebraica e al Museo ebraico di Bologna, a partire dalla mostra dedicata a I Giusti in Emilia-Romagna. Storie di salvatori e salvati, che abbiamo inaugurato il 23 nel Museo Ebraico; il concerto della Memoria che si è tenuto proprio ieri sera al Teatro Manzoni, promosso da Comune, Comunità Ebraica e Fondazione del Teatro comunale, che ha visto l’esibizione dei giovani dell’Orchestra e del Coro giovanile del Teatro comunale: una sala piena di cittadini e cittadine che hanno il nostro invito a ricordare attraverso la musica; la Cineteca ha proiettato il film Un soffio di vita soltanto, che racconta la storia di Lucy, una donna transessuale sopravvissuta al campo di Dachau. Una figura molto importante della nostra città, che da anni testimonia l’orrore della Shoah. E oggi la testimonianza di Edith Bruck, che ci ha fatto toccare con mano quanto la Shoah sia stata un momento buio della nostra storia che non solo ha disumanizzato l’Europa e il mondo intero, ma ci ha consegnato un compito importante.

Noi in questi giorni abbiamo deposto corone e celebrato con discorsi diversi luoghi, in particolare ci siamo trovati di fronte al Memoriale della Shoah: quello è un Luogo della Memoria.

Per noi i Luoghi della memoria sono luoghi vivi, che vengono frequentati dalle persone. Il memoriale è un luogo frequentato ogni giorno da tantissimi ragazzi e ragazze, il rabbino capo ha detto in quell’occasione ‘Venite con lo skate board in questo Memoriale’, abbiamo bisogno della vostra vita, abbiamo bisogno che i Luoghi della Memoria vivano attraverso le persone. Ieri sera al Manzoni, mille persone e più si sono ritrovate dando forza a un Luogo della memoria, perché i luoghi della memoria sono creati dalle esperienze delle persone. I libri di Edith Bruck sono i Luoghi della Memoria, chi ha potuto leggere il suo ultimo libro, in cui lei scrive alla madre, entra dentro un luogo della memoria, un luogo intimo, celato per decenni. Come si può entrare in un dialogo tra una figlia e una madre, una madre che non c’è più, che oggi paradossalmente è la figlia di Edith per età. Edith ci ha permesso di entrare in uno dei luoghi più nascosti e terribili, forse, per le cose che racconta.

Credo che noi dobbiamo restituire a questi testimoni un impegno: Bologna deve essere Luogo della Memoria. Bologne è stata ferita in molti modi nel ‘900, ognuna di queste ferite ha la propria identità, le proprie cause, i propri protagonisti terribili. Il Memoriale della Shoah non può certo essere confuso con altri luoghi della memoria, così come la Stazione 2 agosto ha la sua storia e ha il suo significato. Ma noi vogliamo fare di Bologna un luogo della memoria per il nostro Paese e per l’Europa, perché certo, Bologna è un luogo di passaggio, per milioni di passeggeri, di turisti, di studenti, ma in questo grande Luogo della Memoria noi possiamo oggi non soltanto ricordare, possiamo batterci contro ogni forma di violenza, di intolleranza e di antisemitismo. È nei Luoghi della Memoria che possiamo generare una cultura diversa, una cultura dell’amore contro quella dell’odio, che guardate, non è una parola buonista contro qualcosa di cattivo. Perché nell’odio c’è il male assoluto, la volontà di uccidere gli altri, di ferirli. Nell’odio c’è la scelta di una lingua piuttosto che di un’altra: come Edith ha scelto di non parlare più in ungherese e di parlare facendo una scelta anche di amore, di libertà che lei rivendica.

I luoghi e i linguaggi della memoria sono importanti e sono molto più importanti le persone che interpretano questi luoghi e questi linguaggi. Ecco perché è importante coltivare una città come luogo della memoria in tutte le situazioni: alle scuole alle palestre agli stadi alle nostre piazze. Perché oggi i vuoti si riempiono e si riempiono da parte di chi vuole farne ancora una volta uno strumento di dominio. E non vanno sottovalutati questi fenomeni, dobbiamo ascoltare le parole di Edith Bruck, perché hanno colori politici diversi ma in fondo fanno parte di una stessa idea molto precisa di quello che è il rapporto fra gli esseri umani, fra gli uomini e le donne. Fra chi pensa di avere il diritto di poter annientare gli altri, di raccontare una storia diversa, di utilizzare la violenza per imporre un’ideologia, un credo. In Emilia-Romagna, a Bologna, purtroppo noi abbiamo pagato caro questa idea della vita e credo che Bologna debba opporsi proponendone un’altra.

Ecco perché noi nel Giorno della Memoria, in queste dieci giornate che abbiamo trascorso insieme a tantissimi giovani, ci siamo impegnati per tessere un filo, per coinvolgere le persone e per avviare un cantiere che è quello di una grande città che fa di se stessa uno strumento per opporsi all’odio. Credo che questa sia la missione più importante che noi ci possiamo dare per questo mandato. Fra poco parleremo dei nostri obiettivi politici, ci confronteremo e ci sarà chi non sarà d’accordo su quelle che sono le cose che noi vorremmo fare nei prossimi anni. L’ho sempre detto, anche nel mio discorso di insediamento, c’è una cosa su cui vi chiedo di essere uniti: noi abbiamo bisogno come città di essere un punto di riferimento per la cultura della solidarietà nel nostro paese e in Europa. Ce lo chiedono le nuove generazioni, ce lo chiedono i testimoni, ce lo chiede un paese che è profondamente diviso ma che su alcuni valori deve essere unito nella propria carta costituzionale. Gli orrori del nazifascismo hanno lasciato macerie in questo paese, hanno consegnato delle Medaglie d’oro alla Resistenza in tantissime città ma credo che questo possa essere una grandissima consolazione. Perché dietro quelle medaglie ci sono state migliaia di vite che si sono perse, di persone che sono state deportate per andare nei campi di sterminio, nei campi di lavoro forzato. Può ancora accadere, sta già di nuovo accadendo. Se noi apriamo lo sguardo, non ci limitiamo a guardare nei nostri quartieri, ma guardiamo oltre il mare, queste cose riaccadono: le persone vengono annientate, le vite vengono raccontate in modo diverso.

Credo che Bologna debba respingere non le persone, ma i ragionamenti di odio e indifferenza. Per questo vi chiedo di vivere questo consiglio solenne e gli impegni che prenderemo per il futuro con l’altezza dello sguardo di chi vuole sinceramente fare i conti con un passato che può tornare e in parte sta già tornando nei linguaggi dei nostri ragazzi, negli atti di bullismo quotidiano che si richiamo all’antisemitismo, al fascismo, a situazioni che i più piccoli non hanno vissuto e magari non conoscono, ma che è dovere dei più grandi sapere rimuovere. Noi non possiamo inquinare le vite dei più piccoli con l’odio. E Bologna come città di formazione, di educazione e di cultura può avere questo ruolo fondamentale. Se vogliamo essere all’altezza di testimonianze come quella che abbiamo ascoltato oggi non possiamo fermarci, dobbiamo andare avanti, essere convinti di questo compito nella staffetta della memoria che portiamo avanti. Nei libri di Edith ci sono poesie, molti impegni suoi personali anche nel dibattito politico e culturale di questo paese, ci sono versi che raccontano cosa oggi si può fare o non si deve più fare. In particolare, per chiudere il mio intervento, voglio leggere una poesia che lei ha scritto il 27 gennaio 2020. Inizia così:

27 gennaio 2020

È il giorno della memoria, la liberazione di Auschwitz!

Creatura ventenne di Furio Colombo. Luogo simbolo del male assoluto.

Dove (e non solo) s’è compiuta la lucida follia dell’uomo evoluto: medici, scienziati, matematici, architetti, tecnici, costruttori, studiosi a tavolino dell’annientamento rapido

di milioni di innocenti.

E dell’uso comune

di ciò che si poteva ricavare

da un “non persona” vivo o morto: materassi, fodere dai capelli,

sapone dai grassi,

organi e pelle per studi scientifici.

Che si può dire

il giorno della memoria pur anticipata

e prolungata di molto?

I giovani nelle scuole quasi ignorano la Storia ed è arduo il compito del testimone

di chi ha visto e vissuto quell’ignominia

nel cuore dell’Europa nella Polonia cattolica,

nella Germania di Beethoven, Nietzsche e Thomas Mann, seminata di quasi 1635 Lager. Che cosa dire ai giovani,

della propria madre-sapone,

se alcuni di loro digitano qualcosa o ascoltano musica in cuffia?

Quanti giorni e anni ci sarebbero voluti

in Tempo non tardivo

per insegnargli il passato,

per il loro futuro, per vaccinarli con l’antidoto contro l’odio verso nessun essere umano?

Grazie”.