‘Born Ghost’ il 18 maggio al Teatro Testori di Forlì

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born ghost

FORLÌ – Coppelia Theater al Teatro Testori con ‘Born Ghost’, lo spettacolo sulla leggenda di Azzurrina

DRAMMATURGIA, PERFORMER BRUSA MARIASOLE
SCENE, PUPPETS JLENIA BIFFI
VISUAL ARTIST COSIMO MIORELLI
MUSICHE ORIGINALI STEFANO BECHINI
FOTO MAURO SINI
DISEGNO LUCI GIANNI STAROPOLI, OMAR SCALA, BOGDAN TUDOSE
CONSULENZA ALLA REGIA ANDREA MACALUSO
CONSULENZA COREOGRAFICA ALBERTO CANESTRO
CONSULENZA TECNICHE VOCALI FRANCESCA DELLA MONICA
CO-PRODUZIONE ERT – EMILIA ROMAGNA FONDAZIONE TEATRI

Mercoledì 18 maggio alle 20.30 per l’ultimo appuntamento della stagione 2021/22 andrà in scena Born Ghost uno spettacolo di Coppelia Theater, una delle compagnie ospiti delle  residenze artistiche presso il Teatro Testori, che vede in scena la performer forlivese Mariasole Brusa. Uno spettacolo nero, inquietante, a tratti spaventoso ma anche commovente e delicato; una riflessione poetica sulla diversità e sull’isolamento che, attraverso il teatro di figura e la videoarte, mette in scena la leggenda del fantasma di Azzurrina di Montebello, bambina albina scomparsa in circostanze misteriose nel 1375. Fantasma la bambina lo era, in ogni caso, già in vita: incompresa, rinchiusa nel suo castello a causa dei suoi capelli bianchi.

L’albinismo di Azzurrina diventa emblema di una discriminazione tanto antica quanto moderna nei confronti di tutto ciò che è considerato strano, inconsueto, fuori dall’ordinario. Per quanto antica, la storia di Azzurra si radica profondamente anche nel nostro vissuto quotidiano, sia in quanto le persecuzioni contro gli albini sono tutt’altro che terminate, sia in quanto l’odio nei confronti di ciò che è diverso assume oggi forme sempre più sottili e pericolose, alimentato dalla massa informe e inconsapevole del web che dà spesso origine a veri e propri roghi virtuali.

Una storia tragica ed onirica sulla diversità che allora come oggi fa sempre paura, ma anche un inno alla libertà che è in sé lotta contro l’ignoranza e il pregiudizio. La storia, raccontata attraverso immagini poetiche e metafore visive, offre anche una riflessione sull’esperienza della segregazione e sul problema identitario inteso, antropologicamente, come concetto relazionale.

Lo spettacolo amalgama tecniche di teatro di figura e videoarte con l’obiettivo di creare un’opera ibrida, a confine tra teatro e cinema d’animazione: il fascino dell’oggetto d’arte e della produzione artigianale, ad opera di Jlenia Biffi, si unisce alle possibilità e alla potenza visuale delle tecnologie digitali e della video arte, grazie al lavoro di Cosimo Miorelli, per creare una storia che si sviluppa contemporaneamente su più piani narrativi: dalla scena, al video, al rapporto tra scena e video che entrano in relazione e dialogo. Si crea così, sul palco, una sorta di “quinta dimensione” in cui convivono tanto i pupazzi manipolati sulla scena quanto le figure animate digitalmente: la dimensione della morte, della memoria, dell’incubo, di un passato incarnato nella leggenda, da cui prendono vita i personaggi che daranno voce e forma alla storia di Azzurra.

La Leggenda di Azzurrina

Quella di Azzurrina di Montebello è una leggenda popolare che si tramanda da secoli in Romagna e che, come tutte le narrazioni archetipali, trova corrispettivi in varie parti di Italia e anche del mondo. La leggenda ha origine da fatti e personaggi realmente esistiti: Adele, di cui è attestata storicamente l’esistenza nella seconda metà del 1300, era la figlia albina di Ugolinuccio, Signore del castello di Montebello, in provincia di Rimini, e della giovane Costanza Malatesta, strappata alla sua città e alla sua famiglia per seguire il suo sposo.

La figlia, dalla pelle e dai capelli bianchi, diversa da qualsiasi altra neonata, fin dalla nascita venne perseguitata dagli abitanti del paese, considerata una “strega” e “figlia del Demonio”. Per mascherare la sua diversità la madre cercò di tingerle i capelli con tinte naturali, ma il nero dei pigmenti vegetali su Adele assunse sfumature celesti. La bambina diventò così Azzurrina e le dicerie del volgo non fecero che aumentare, mentre imperversava la peste e l’inquisizione prendeva sempre più potere anche in Romagna. Adele venne così rinchiusa dai suoi stessi genitori all’interno del castello, forse per proteggerla dalle maldicenze o forse per nascondere un peso scomodo. Le fu impedito di uscire, di recarsi al villaggio, di interagire con altre persone all’infuori della guardia che si prendeva cura di lei, unica compagnia della bambina. La leggenda racconta che, mentre imperversava un temporale, la notte del solstizio d’estate del 1375, durante uno dei suoi giochi solitari, la bambina perse la sua palla di stoffa. Per cercarla si addentrò nella ghiacciaia del castello e da lì, non fece mai più ritorno. Adele sparì nel nulla. Di lei rimase solo l’eco di un pianto nella pioggia. Da allora strani suoni si sentono all’interno della rocca di Montebello, sussurri portati dal vento durante i temporali. Il suono del suo canto è stato persino registrato. Ogni cinque anni, durante il solstizio d’estate, anniversario della scomparsa, sembra che il fantasma si manifesti ancora e che la bambina non se ne sia, in verità, mai andata.

Oltre a quella di Azzurra, nella narrazione è presente la voce di un’altra donna che come lei ha vissuto in isolamento a causa della sua diversità: nel testo compaiono infatti frammenti poetici tratti dai testi della poetessa argentina Alejandra Pizarnik, morta suicida a 36 anni nel 1972. Alejandra per tutta la vita ha lottato, attraverso la sua arte, per affermare il proprio diritto a essere sé stessa, indagando il rapporto tra l’essere umano e la morte e l’indissolubilità tra vita e ricerca estetica. La sua poetica e anche l’immaginario popolare argentino, profondamente legato alle riflessioni sulla morte, vanno così ad arricchire la ricerca drammaturgica. Come scrive la poetessa: “i segni, le parole insinuano, evocano. Questa maniera complessa di sentire il linguaggio incita a credere che non si può esprimere la realtà; da qui nasce il desiderio di scrivere poesie terribilmente esatte malgrado il surrealismo innato e di lavorare con elementi di ombre interiori”

Coppelia Theatre

Coppelia Theatre è attiva dal 2010 sulla scena teatrale internazionale con un tipo di indagine unica nel suo genere, al confine tra teatro e cinema d’animazione, tra arte e scienza, congiungendo tradizionali tecniche costruttive e moderna sperimentazione ingegneristica. Alla base della sua poetica c’è la costante sperimentazione di una comunione tra poesia e tecnologia.

CV Mariasole Brusa

Mariasole Brusa, nata a Forlì, dal 2018 parte della compagnia Coppelia Theater, già attiva dal 2011 con la sua compagnia di teatro di figura All’InCirco con cui scrive e mette in scena spettacoli rappresentati in Italia e all’estero. Ha lavorato come performer, marionettista, drammaturga, formatrice presso diverse compagnie, fino al sodalizio con Coppelia Theater.

Info, prezzi e prenotazioni

I biglietti sono disponibili su VIVATICKET, acquistabili presso il servizio on line (www.vivaticket.com) o in uno dei punti vendita del circuito (Forlì: La Caffetteria Bar, Via Ravegnana 146\a; Edicola Silverio Bartolucci, via Carlo Seganti 3).

Intero 14 euro; Ridotto (under 25, over65, enti convenzionati) 12 euro; Ridottissimo (scuole superiori, gruppi min 15 px) 10 euro.

Prenotazioni allo 0543.722456 o progetti.teatrotestori@elsinor.net.
Si ricorda che per accedere agli spazi del teatro è necessario essere muniti di mascherina FFP2