“Alfredino. L’Italia in fondo a un pozzo” 8-9 febbraio alle Officine Creative Reggiane

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emilia-romagna-news-24REGGIO EMILIA – Da diversi anni i palinsesti dei canali televisivi e le piattaforme di streaming pullulano di programmi che trattano di cronaca nera: serie televisive crime, docufilm su serial killer, podcast di approfondimento, raccolta di testimonianze. Sembrano essere passati secoli dal tristemente famoso plastico della casa di Cogne all’interno dello studio di Bruno Vespa. Dopotutto la richiesta da parte del pubblico è chiara, come se assistere alla sofferenza degli altri in qualche modo avesse il potere di esorcizzare la propria. Eppure il risultato sembra essere opposto: la violenza di certe immagini e la curiosità morbosa che le accompagna finiscono per anestetizzare chi le guarda e il sentimento di partecipazione o indignazione che dovrebbe scaturirne si stempera in una triste accettazione, che dura poco oltre averne interrotto la visione o l’ascolto. Ma quando il mezzo è il teatro le cose cambiano: perché in teatro l’esperienza è condivisa, in teatro quello che si vede accade nello stesso momento dentro ogni spettatore, in teatro il pubblico diventa testimone di quel dolore, sublimato, trasformato, ma sempre irrimediabilmente vero. E forse, grazie al teatro, ogni spettatore può riscoprire il senso di essere una comunità, come quella che il 10 Giugno del 1981, impotente, ha assistito alla tragedia del piccolo Alfredo Rampi.

ALFREDINO – L’Italia in fondo a un pozzo torna a Reggio Emilia sabato 8 Febbraio alle ore 21 e domenica 9 Febbraio alle ore 19 negli spazi delle Officine Creative Reggiane in Via Gioia 4 (ingresso da Via Tonale). Il monologo, scritto ed interpretato da Fabio Banfo, è uno spettacolo di Effetto Morgana, prodotto dal Centro Teatrale MaMiMò e guidato dalla regia di Serena Piazza.

Quando Alfredino Rampi finì dentro a un pozzo artesiano nella campagna di Vermicino, tutta l’Italia sprofondò con lui. I rutilanti anni Ottanta – quelli della musica a palla nelle discoteche, della Milano da bere e delle tv commerciali – ci fiondavano verso un benessere di cartone, ma il decennio era iniziato con presagi sinistri: le stragi di Ustica e Bologna, il terremoto in Irpinia, l’Affare P2, l’attentato al papa, le Brigate Rosse. La diretta televisiva durò 60 ore e fu un avvitarsi di speranze e delusioni, soluzioni grossolane e fallimenti. Fino al tragico epilogo, la mattina del 13 giugno.

Sono nato nello stesso anno di Alfredino – racconta il protagonista Fabio Banfo – Il 1975. L’anno della morte di Pier Paolo Pasolini. Il poeta con cui ho iniziato ad amare la poesia, l’impegno civile. Il poeta che ha cantato le periferie romane, le borgate, e che ha profetizzato pochi anni prima di Vermicino, il ruolo che avrebbe avuto la televisione nella dissoluzione della cultura popolare italiana. Ho cercato di trattare questa vicenda con la massima sensibilità, partendo dalla mia identificazione di bambino e dall’idea che, se non fosse caduto in quel pozzo, Alfredino avrebbe fatto un cammino parallelo al mio, ascoltando la stessa musica, vivendo le stesse esperienze. Ho cercato di curare un poco il dolore con la poesia. Di riportarlo in vita, attraverso di me, con me. Era tutto quello che potevo fare per lui”.

La narrazione è dosata, eppure tiene con il fiato sospeso. Biasima la sfilza di errori commessi, ma riconosce la buona fede di chi li commise. Restituisce gli ultraquarantenni ai loro ricordi e oncede a chi non era nato un’immaginazione vivace. La regia è sobria e proprio per questo in grado di evocare quella tragedia in modo simbolico e spirituale e al contempo concreto e carnale. E così, parola dopo parola, grazie alla sensibilità e al talento di Fabio Banfo, prendono vita alcuni dei personaggi che hanno accompagnato l’intera vicenda: il primo giornalista accorso sul posto, il venditore di panini che ha lucrato sulla folla accorsa a Vermicino, il presidente Pertini, i robot Mazinga e Goldrake, di cui Alfredino era appassionato, il vigile che per ore ha parlato con lui per cercare di rassicurarlo. E poi Angelo Licheri, scelto per il suo corpo minuto per calarsi in quel pozzo infernale, e che rimase quaranta minuti appeso a testa in giù, a tentare inutilmente di imbracare il bambino e salvarlo. Ma il personaggio centrale è Alfredino, quel bambino perduto, come fosse l’anima dell’Italia, inghiottita dal buio, per sempre incastonata in un diamante, come il blocco di ghiaccio azotato in cui fu conservato il suo corpo, prima di recuperarlo dalla tenebra in cui è venuto a mancare a noi tutti.

INFO E PRENOTAZIONI

Biglietto mecenate: €20, per contribuire con una piccola donazione alle attività del MaMiMò

Biglietto intero €15, biglietto ridotto €13, promo 18-30 anni €11, soci MaMiMò €10.

Per informazioni e prenotazioni: https://ALFREDINO.eventbrite.it , biglietteria@mamimo.it oppure telefonando allo 0522-383178, dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 13.30 e dalle 14.30 alle 18.30 e nei giorni di spettacolo.

A partire da Sabato 8 Febbraio alle ore 21, il palcoscenico delle Officine Creative Reggiane, all’interno della Stagione VARIAZIONI del Centro Teatrale MaMiMò, ospita il ritorno dello spettacolo

ALFREDINO – L’Italia in fondo a un pozzo

La prima diretta televisiva non stop a reti unificate per un caso di cronaca. Un evento mediatico che doveva documentare una storia a lieto fine e che si è trasformato in uno shock nazionale.