Question Time, chiarimenti sul reparto di salute mentale all’interno della sezione femminile della Dozza

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BOLOGNA – L’assessora Susanna Zaccaria ha risposto, in seduta di Question Time, alla domanda d’attualità della consigliera Mirka Cocconcelli (Lega nord), sul reparto di salute mentale all’interno della sezione femminile della Dozza.

La domanda della consigliera Cocconcelli
“I sindacati di Polizia Penitenziaria protestano per l’avvio del reparto di salute mentale all’interno della sezione femminile della Casa Circondariale Rocco D’Amato (già “Dozza) senza alcun preavviso ed in assenza di figure sanitarie di riferimento, come riportato da articolo di stampa.
Il servizio psichiatrico in carcere non rappresenta un’area a se stante, ma si inscrive nella complessità dell’intervento sanitario intracarcerario e la mancanza del personale dell’Area Sanitaria potrebbe essere vissuta in maniera problematica, con rischi per l’incolumità del personale di Polizia Penitenziaria operante presso quelle sezioni e dei detenuti stessi. Queste problematiche sono già emerse e denunciate dal Sinappe ed a tutt’oggi non hanno trovato soluzione. Chiedo al Sindaco ed alla Giunta un parere politico-amministrativo nel merito e come intendano ovviare alla problematica esposta dal personale penitenziario”.

La risposta dell’assessora Zaccaria
“Innanzitutto, l’ha già precisato anche lei consigliera Cocconcelli, non è un’apertura della sezione perché l’articolazione per la tutela della salute mentale era già presente nel carcere Rocco D’Amato ed è stata riaperta dopo alcuni mesi, per disposizione del Dipartimento centrale dell’amministrazione penitenziaria, dopo i lavori di ristrutturazione che ne avevano comportato la chiusura provvisoria.
In occasione della chiusura provvisoria le pazienti presenti in quel momento sono state trasferite in articolazioni analoghe di strutture penitenziarie fuori regione. Al momento ospita una sola donna con disagio psichico. Può ospitare al massimo 4 o 5 donne con patologie psichiatriche. Le pazienti sono ospitate all’interno di vere e proprie celle. È presente una persona con qualifica di tecnica della riabilitazione psichiatrica. L’equipe di professionisti della psichiatria operativa in istituto sovrintende alla cura delle pazienti, recandosi in loco quando necessario e a chiamata. È presente personale infermieristico per la somministrazione della terapia psicofarmacologica, con le le criticità che però purtroppo lei ha evidenziato.
In queste apposite sezioni di cura e riabilitazione, create nell’ambito del contesto detentivo dagli istituti penitenziari dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, possono essere detenute alcune tipologie di categorie giuridiche per un periodo non superiore a 30 giorni. Questo lo dico perché è evidente che nel nostro sistema una persona con gravi patologie psichiatriche dovrebbe essere dichiarata non imputabile quindi incompatibile con la detenzione. E dovrebbe essere la base di quello che stiamo dicendo.
Ci possono essere delle infermità mentali sopravvenute durante l’esecuzione della pena. Sono però evidenti i limiti strutturali di queste sezioni per come sono state concepite. Esiste infatti il rischio concreto che nel contesto detentivo non possa esplicarsi nella sua pienezza l’efficacia terapeutica degli interventi di cura e che possano anche configurarsi effetti antiterapeutici. I progetti terapeutico-riabilitativi dovrebbero innanzitutto realizzarsi nella comunità sociale. Inoltre, il contesto detentivo e i numeri esigui non consentono l’organizzazione delle necessarie attività riabilitative di gruppo.
Personalmente credo che la strada da percorrere sia quella stabilita dalla sentenza della Corte Costituzionale del 2019 che ha stabilito che, se durante la carcerazione sopravviene una grave infermità psichica, si deve disporre che la persona detenuta venga curata fuori dal carcere, applicando la misura alternativa della detenzione domiciliare o in luogo di cura, così come già accade per le gravi malattie di tipo fisico.
Questa soluzione è certamente di maggiore tutela della persona malata, consente le cure in luoghi idonei. Questo solleverebbe il personale sanitario dal dover fare degli interventi in un luogo non idoneo e il personale penitenziario che si trova senza una specifica formazione ad affrontare delle situazioni di criticità.
Tengo a precisare infine che il nostro Garante per le persone detenute, il dottor Ianniello, ha più volte segnalato e sollevato le criticità rispetto alla sezione. Auspichiamo di lavorare su queste criticità anche in tutti quei casi che non possono rientrare per qualche motivo in quello che dicevo: la scelta di una misura alternativa alla detenzione nel caso di accertata gravità o sopravvenienza di malattie psichiatriche e devono inoltre esser fornite adeguate linee guida. Ci tengo a sottolineare che come Amministrazione comunale operiamo attraverso il Garante Ianniello che è molto attivo e su questo tema e si è già molto speso. Abbiamo ben presente che è proprio la struttura delle sezioni, così come sono state concepite, a manifestare delle criticità che devono essere compensate con l’adeguata presenza di personale sanitario. Proprio perché non avvenga quella commistione di incarichi che anche lei consigliera ha sottolineato. Concordo anche con quello che è stato segnalato dalle sigle sindacali, dalla polizia penitenziaria, dagli infermieri e dal personale sanitario. Su questo ci tengo a ribadire che siamo in continua attenzione su questi temi per la parte di competenza, ma secondo me l’obiettivo è che non ci siano pazienti con problemi psichiatrici perché quello non è il luogo dove devono essere”.