“Questi pochi centimetri di terra” dal 5 al 7 gennaio al Teatro Piccolo Orologio

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Questi pochi centimetri di terra ©Piero Tauro

REGGIO EMILIA – Gli scienziati la chiamano Sindrome da Rassegnazione. Scatta in quei bambini che non riescono più a resistere alla paura dell’incertezza, portandoli a entrare in un sonno profondo, senza risveglio, che dura settimane, mesi talvolta, come gli alberi in inverno. È una vera e propria quiescenza: come i semi che restano dormienti per anni nei terreni desertici. Diventano piante e vanno in letargo. Bambini camminatori a seguito di famiglie in fuga dalla propria terra d’origine. Figli di famiglie rifugiate, appese alla precarietà del permesso di soggiorno, ad un certo punto si addormentano e non si risvegliano.

Si riaccendono i riflettori sulla stagione Primavere al Teatro Piccolo Orologio. Inaugura l’anno nuovo, come di consuetudine, un appuntamento dedicato alle famiglie, tradizionale dono dell’epifania al pubblico di grandi e piccini, in scena venerdì 5 gennaio alle ore 21, sabato 6 gennaio alle ore 17 e domenica 7 gennaio alle ore 19. Sul palcoscenico di via Massenet 23 approda, con la leggerezza del linguaggio onirico delle marionette e del gioco di luci ed ombre, Questi pochi centimetri di terra, spettacolo prodotto dal collettivo teatrale Consorzio Balsamico e LISA, con il sostegno di Associazione Culturale TEATROinSTALLA, in collaborazione con Centro Teatrale MaMiMò. L’opera, selezionata per il Festival Mondial Des Théâtres de Marionnettes du Charleville-Mézières OFF de Rue 2021, conta sulla drammaturgia di Giada Borgatti e la regia di Virginia Franchi; il cast è composto da Silvia Cristofori, Eva Miškovičová, anche scenografa, e Alessandra Stefanini, che cura le marionette. Le luci sono di Marco D’Amelio, le musiche originali e il paesaggio sonoro di Michele Boreggi, il supporto artistico di Nadia Milani e Valeria Sacco.

Questi pochi centimetri di terra muove la sua ricerca tra dimensione reale e spazio onirico, separati da un attento linguaggio scenografico e visivo, che trova nella terra il suo ambiente ideale, partendo da una domanda: che fai, dove vai, quando ciò che ti circonda si rivela essere troppo doloroso da affrontare? È ciò che accade a Talea, bambina rifugiata, il cui corpo, come un meccanismo di difesa, sceglie la via della quiescenza per proteggersi dall’incertezza verso il futuro. Dorme da 412 giorni. Mentre il suo corpo resta nel lettino, la sua parte più profonda, Humus, abita il luogo del sonno, uno spazio fuori dal tempo dove tutto ciò che la circonda è terra. In questo ambiente dell’Altrove, c’è la pura essenza delle cose: la cura sincera, la paura spaventosa, la leggerezza del gioco e il vuoto della perdita. Ma nel sonno si rivelano anche i modi in cui è possibile, attraverso l’immaginazione, sublimare la realtà, scegliendo di fermarsi, di prendersi un tempo, anche solamente di stare. “A tutti, presto o tardi, capita di vivere un’esperienza, più o meno traumatica, che porta a una stasi, a un bisogno di stare fermi, rinchiudersi in sé stessi e cercare un riparo”, così Virginia Franchi, regista dello spettacolo. “Abbiamo voluto indagare il sonno, e il sogno, come spazio privato, solo nostro, in cui partecipare al proprio disagio, ma da una posizione più sicura, più protetta e più rassicurante. Nel sogno siamo noi, senza esserlo completamente; quando sogniamo ci emozioniamo, anche profondamente, ma in maniera diversa rispetto a quando siamo coscienti”.

Il tempo fecondo dell’attesa, dunque, come protagonista assoluto della pièce, cui si affiancano linguaggi non meno densi che parlano di paura, spaesamento, trasformazione, coraggio, speranza. Utilizzando la metafora dei semi e il linguaggio botanico, lo spettacolo vuole creare un parallelismo tra il bambino e il seme, entrambi all’inizio del loro viaggio nell’esistenza. E’ in questa terra di apparente stasi che Humus impara la meraviglia della trasformazione: è qui che la paura diventa coraggio. Nel sonno impara che in mezzo alle zolle rovistate e alle radici spezzate è ancora possibile scorgere speranza. Una speranza non ideale, ma concreta: la speranza di poter ancora immaginare il proprio futuro, con il coraggio dell’infanzia e la forza del seme, che deve aprirsi in due per mettere radici e germogliare.

In fondo, che serve? Solo pochi centimetri di terra.

INFO E PRENOTAZIONI

Prezzo speciale: biglietto intero €10, biglietto ridotto under18 €5.

Per informazioni e prenotazioni: www.mamimo.eventbrite.it, biglietteria@teatropiccolorologio.com, www.mamimo.it, 0522-383178, dal lunedì al venerdì, 9:30-13:30 e 14:30-18:30 e nei giorni di spettacolo.

In scena venerdì 5 gennaio alle ore 21, sabato 6 gennaio alle ore 17 e domenica 7 gennaio alle ore 19 al Teatro Piccolo Orologio, in via Massenet 23 a Reggio Emilia

Questi pochi centimetri di terra accende il tradizionale appuntamento della befana al Teatro Piccolo Orologio

La stagione Primavere riparte dalla pièce del collettivo Consorzio Balsamico in collaborazione con il Centro Teatrale MaMiMò: il linguaggio delle marionette si muove tra sfumature oniriche, tra paure e sete di speranza, seguendo i sogni di una bambina migrante, in cerca di un terreno sicuro in cui porre radici.