Quantum bit sotto i raggi X: su “Nature Communications” uno studio innovativo dell’Università di Parma

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PARMA – È stato appena pubblicato su “Nature Communications” un nuovo studio internazionale guidato dall’Università di Parma sui quantum bit, ossia l’unità di informazione quantistica: uno studio innovativo che ha utilizzato per la prima volta una tecnica ai raggi X sui qubit molecolari e che insiste in uno degli ambiti di maggiore attualità della fisica quantistica.

L’era dei quantum computer si sta infatti avvicinando rapidamente. Negli ultimi anni i computer quantistici hanno stimolato un’intensa attività di ricerca sia in contesti accademici sia nell’industria, con l’obiettivo di costruire veri e propri processori che sfruttino le leggi della meccanica quantistica. Queste macchine saranno in grado di risolvere alcuni problemi molto più velocemente di quanto sia possibile fare oggi con i computer tradizionali. La cosiddetta “rivoluzione quantistica” che si realizzerà nei prossimi decenni avrà dunque un impatto dirompente in ambito scientifico, sociale ed economico.

Nonostante i primi prototipi siano già in grado di fare intravedere le enormi potenzialità che queste nuove tecnologie saranno in grado di offrire, molto resta ancora da fare, a partire dall’ingegnerizzazione dell’unità base dell’informazione quantistica, appunto il quantum bit – qubit.

Lo studio del team internazionale di ricercatrici e ricercatori guidato dal gruppo di Magnetismo molecolare del Dipartimento di Scienze Matematiche, Fisiche e Informatiche dell’Università di Parma si inserisce proprio in quest’ambito di ricerca. I docenti Elena Garlatti, Stefano Carretta e Paolo Santini, affiancati da Simone Chicco, hanno infatti misurato le vibrazioni che “disturbano” lo stato quantistico del qubit con un nuovo approccio sperimentale e teorico.

I qubit sono oggetti fisici le cui caratteristiche uniche derivano dalla loro natura quantistica. Come il loro analogo classico, possono trovarsi in due stati possibili, lo stato “0” e lo stato “1” nei quali codificare l’informazione in codice binario, ma possono però trovarsi anche in un cosiddetto stato “sovrapposizione”. Quando si realizza questa condizione, il qubit si trova contemporaneamente sia nello stato “0” sia nello stato “1”, ampliando enormemente le capacità computazionali dei futuri computer.

I nanomagneti molecolari, molecole organo-metalliche che si comportano come nano-calamite, hanno già dimostrato di essere candidati promettenti per implementare algoritmi di computazione quantistica. Negli stati di spin di queste molecole è infatti possibile codificare gli stati del qubit e anche realizzare stati “sovrapposizione”. I nanomagneti molecolari hanno anche caratteristiche uniche rispetto ad altri candidati qubit, come la possibilità di avere le risorse per correggere gli errori già incorporate nel qubit stesso.

Un altro requisito fondamentale di un buon qubit è un lungo tempo di coerenza, ovvero la capacità dello stato “sovrapposizione” di sopravvivere al disturbo dell’ambiente circostante. In particolare, le vibrazioni molecolari e cristalline indotte dalla temperatura, dette fononi, causano distorsioni della struttura molecolare e danno dunque un contributo rilevante al rilassamento e alla “decoerenza” dello stato quantistico del qubit.

Nel lavoro appena pubblicato su “Nature Communications” i ricercatori del gruppo di Magnetismo molecolare Unipr hanno misurato i fononi di un qubit molecolare con una tecnica sperimentale mai utilizzata in precedenza su questa famiglia di sistemi quantistici, lo scattering inelastico di raggi X. Questa tecnica comporta notevoli vantaggi rispetto ad altre più comunemente utilizzate. Contrariamente allo scattering anelastico di neutroni, per esempio, i raggi X non pongono limiti sulle dimensioni dei campioni (possono avere dimensioni anche di 1mm3) e sono caratterizzati da un impareggiabile rapporto segnale-rumore.

La ricchezza dei dati forniti da questa radiografia ai raggi X del qubit, affiancata inoltre da simulazioni teoriche basate su tecniche di calcolo all’avanguardia come le reti neurali, ha permesso ai ricercatori di avere una conoscenza approfondita e senza precedenti sulla dinamica di spin e sulla coerenza dei qubit molecolari. L’approccio proposto si appresta dunque a diventare il nuovo standard per lo studio di questi sistemi, aprendo nuove prospettive per il design di nuovi qubit più performanti.

Questo importante risultato ottenuto sui fononi in qubit molecolari è frutto della collaborazione con il gruppo d’ambito chimico guidato da Roberta Sessoli del LAMM dell’Università di Firenze, con il gruppo guidato da Alessandro Lunghi del Dipartimento di Fisica del Trinity College di Dublino, con Roberto Caciuffo, Claudio Mazzoli e con Luigi Paolasini, responsabile della beamline ID28 di ESRF, sulla quale è stato realizzato l’esperimento ai raggi X.

Questa ricerca sui qubit molecolari di ricercatrici e ricercatori dell’Università di Parma nasce nell’ambito del Progetto Europeo FET-OPEN FATMOLS della call Horizon 2020- Research and Innovation Program (grant agreement No 86289) ed è al centro di altri importanti progetti del gruppo di Magnetismo molecolare, tra cui il Partenariato esteso di Scienze e Tecnologie Quantistiche NQSTI del PNRR e il progetto ERC Synergy Grant CASTLE di Stefano Carretta. Il lavoro è stato inoltre finanziato dalla Fondazione Cariparma, da progetti ERC Starting grant e dal PNRR – National Center for HPC, Big Data and Quantum Computing.