“Le pietre raccontano è un altro tassello di quel percorso di valorizzazione dei motori culturali – sottolinea il sindaco Andrea Gnassi – Mettiamo al centro la nostra storia e le nostre radici per dare nuovo slancio e linfa all’attrattviità della nostra città e allo stesso tempo per rafforzare il senso di appartenza ad essa. Il rapporto con Sgr è l’esempio di come un nuovo rapporto tra pubblico e privato possa portare alla realizzazione di interventi di qualità importanti per la collettività”.
“Per il nostro Gruppo – afferma Micaela Dionigi, Presidente di SGR – si tratta di un impegno che non vuole essere assolutamente sporadico, come testimonia la nascita del progetto SGR per la Cultura, creato per accompagnare le nostre attività in ambito culturale negli anni a venire. Il 2016 è una ricorrenza importante, tenuto conto che siamo operativi dal lontano 1956 e da allora abbiamo continuato a rafforzare il legame con questo territorio, che rappresenta per noi il mercato che cerchiamo di servire quotidianamente come merita.”
“Abbiamo finanziato con 710.000 euro – ha detto Demis Diotallevi, Vicedirettore Generale di SGR – gli interventi di riqualificazione che restituiranno alla città spazi maggiormente fruibili e notevolmente valorizzati. La città di Rimini è nel DNA del Gruppo ed il nuovo progetto SGR per la Cultura contribuisce a rafforzare ancora di più questo rapporto”.
Il Parco archeologico nasce per potenziare la funzione didattica, culturale e turistica di un più ampio sito monumentale che si estende fino al parco Marecchia dove sono raccolte e conservate 155 pietre che un tempo facevano parte del ponte – introducendo su speciali plance informative bilingue la storia del ponte.
L’intervento, progettato e realizzato per conto del Comune di Rimini da Anthea con la collaborazione di Maria Luisa Cipriani e Marcello Cartoceti, si è attuato in sinergia di SGR che, avvalendosi delle opportunità offerte dall’ Art Bonus, ha finanziato con 710.000 euro ben tre interventi di riqualificazione in cui è impegnata la Città come gli scavi archeologici di Piazza Malatesta, la riqualificazione energetica e miglioramento funzionale della Biblioteca Gambalunga e, naturalmente, la realizzazione di un giardino e un percorso archeologico nell’area del Ponte di Tiberio finanziato con 120.000 euro. E’ stato inoltre realizzato un volume di pregio, intitolato ‘Il Ponte e le sue pietre’, che descrive con dovizia di particolari la lunga storia del Ponte di Tiberio e i lavori di riqualificazione effettuati.
Il Ponte di Tiberio
Il ponte romano sul fiume Marecchia, l’antico Ariminus intorno al quale era sorto il primo insediamento, crea ancora oggi il collegamento tra la città e il suburbio (borgo San Giuliano). Da qui iniziano le vie consolari, Emilia e Popilia, dirette al Nord. La via Emilia, tracciata nel 187 a C. dal console Emilio Lepido, collegava Rimini a Piacenza; attraverso la via Popilia, invece, si raggiungeva Ravenna e si proseguiva fino ad Aquileia.
Il ponte, iniziato da Augusto nel 14 e completato da Tiberio nel 21 d.C., come ricorda l’iscrizione che corre sui parapetti interni, si impone per il disegno architettonico, la grandiosità delle strutture e la tecnica costruttiva. Poco spazio è concesso invece all’apparato figurativo, comunque intriso di significati simbolici.
In pietra d’Istria, si sviluppa in cinque arcate che poggiano su massicci piloni muniti di speroni frangiflutti ed impostati obliquamente rispetto all’asse del ponte, in modo da assecondare la corrente del fiume riducendone la forza d’urto, secondo uno dei più evidenti accorgimenti ingegneristici.
La deviazione del Marecchia prima e, più recentemente, i lavori per la predisposizione di un bacino chiuso, hanno messo in luce i resti di banchine in pietra a protezione dei fianchi delle testate di sponda; recenti sondaggi hanno poi rivelato che la struttura del ponte poggia su un funzionale sistema di pali di legno, perfettamente isolati.
Il ponte è sopravvissuto alle tante vicende che hanno rischiato di distruggerlo: dai terremoti alle piene del fiume, dall’usura agli episodi bellici quali l’attacco inferto nel 551 da Narsete, durante la guerra fra Goti e Bizantini di cui restano i segni nell’ultima arcata verso il borgo San Giuliano, e, da ultimo, il tentativo di minarlo da parte dei Tedeschi in ritirata.
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