Piano particolareggiato in variante Via Borghi, il Consiglio di Stato dà ragione al Comune di Rimini

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palazzo del municipio RiminiRIMINI – Con sentenza pubblicata il 26 marzo 2021, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello presentato dal Comune di Rimini nel 2018, respingendo di conseguenza il ricorso in primo grado, presentato da privati, sulla vicenda del cosiddetto ‘Piano particolareggiato in variante Via Borghi’.

La storia

Il Consiglio di Stato, quindi, ribalta radicalmente il pronunciamento del Tar che, a fine 2017, aveva annullato il diniego da parte del Consiglio Comunale cinque anni prima ad un piano particolareggiato di iniziativa privata, in variante agli strumenti urbanistici allora vigenti. Il progetto proponeva una capacità edificatoria di 10.400 mq di superficie complessiva a fronte di una capacità edificatoria massima ammissibile prevista dal Piano strutturale comunale di 5.900 mq. Nel 2012 il Consiglio comunale di Rimini, sulla base delle indicazioni del nuovo Masterplan in riduzione del consumo del suolo, espresse diniego all’approvazione del Piano. Nell’accogliere l’impugnazione dell’atto da parte del privato, il Tar nel 2017 si concentrò in particolare sull’illegittimità del Masterplan, considerato a tutti gli effetti ‘atto pianificatorio’.

La sentenza del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato ribalta completamente il pronunciamento del Tar. In particolare si concentra proprio sulla natura del Masterplan, non raccoglitore di ‘prescrizioni urbanistiche contenute in uno strumento atipico’, semmai definito dalle ‘linee di tendenza (ad una visione e alla sua trasparente esplicitazione) della programmazione e pianificazione urbanistica che l’Amministrazione intende seguire’. I giudici sottolineano come non si possa ritenere ‘che il riferimento al Masterplan abbia inciso arbitrariamente su un eventuale obbligo del comune ad approvare il Piano particolareggiato. Tale obbligo infatti non sussiste, in ragione della ricordata ampiezza del potere discrezionale nella valutazione delle soluzioni proposte’, Proprio su questo punto insiste il Consiglio di Stato: ‘In sede di approvazione di un piano attuativo, all’amministrazione comunale spetta un’ampia discrezionalità valutativa (a maggior ragione se si tratta di una variante), che non riguarda solo gli aspetti tecnici della conformità o meno agli strumenti urbanistici di livello superiore, ma coinvolge anche l’opportunità di dare attuazione, in un certo momento e a determinata condizioni, alle previsioni dello strumento urbanistico generale’. In ogni caso, chiosa la sentenza, ‘la possibilità che, anche al di là dei tipici atti di pianificazione urbanistica, il Consiglio comunale possa porre in essere, nella sua funzione politica, atti di indirizzo in materia non può essere negata’.

Il commento del sindaco, Andrea Gnassi:

“Una sentenza importante sotto molti punti di vista. Voglio ringraziare innanzitutto gli avvocati Maria Assunta Fontemaggi e Federico Gualandi per il gran lavoro fatto nel rappresentare le ragioni del Comune di Rimini. Il ringraziamento va obbligatoriamente esteso ai consiglieri comunali che ormai 9 anni fa votarono quell’anno, in un clima pesantissimo di pressioni.

Abbiamo subito individuato la strada di un cambiamento necessario nella pianificazione strategica, cioè l’idea di capire e individuare nuove priorità diverse dal consumo del territorio, usato per alimentare l’economia. Questo portò alla individuazione del Masterplan. Uno strumento di indirizzo in cui in maniera innovativa venivano analizzati, anche con un meccanismo di analisi per matrice, gli obiettivi e i bisogni della città in funzione di un cambiamento di modello di sviluppo. Uno strumento di indirizzo radicalmente nuovo perché trasparente, dichiarato e in sintonia con la comunità riminese. Che, in altre parole, aveva coraggio, analizzava le proposte mettendole in relazione alla coerenza o meno con i bisogni di un’area, con il disegno complessivo di città, con le strade, con le scuole, con il sistema fognario. Nel passato troppo spesso si era assistito, in Italia e anche a Rimini, al planare di interventi che poi avevano portato ad un eccesso di “cementificazione”, al meccanismo dei motori immobiliari che producevano anche contesti abitativi slegati nelle funzioni, nei servizi, nella connessione urbana. A essere premiata era la rendita immobiliare. Allora la scelta di Rimini con il Masterplan, coerente col Piano strategico, fu coraggiosamente di dare indirizzi agli strumenti urbanistici, una rivoluzione che metteva al centro l’interesse e un’idea di crescita armonica dei luoghi e della socialità.

Ricordiamo benissimo quelle settimane di tensione, dubbi, paventate richieste risarcitorie milionarie, l’accusa di bloccare l’economia (che con la crisi e speculazione immobiliare era già saltata). Ricordiamo notti e giorni passati a interrogarci sul senso alto delle scelte da compiere, le assicurazioni individuali da sottoscrivere prima del voto in Consiglio. Ma ricordo ancora meglio la volontà della maggioranza a Rimini di superare con il Masterplan una cultura in cui l’urbanistica aveva tanto, troppo a che fare con il consumo del suolo e ogni voce critica veniva stoppata dal muro ‘dell’atto dovuto’, del diritto acquisito. Oggi possiamo dirlo, alla luce di un’Italia complicata e burocratica dove anche gli atti più nobili e trasparenti finiscono spesso nel coacervo di norme spesso interpretate a geometria variabile, con la sentenza del Consiglio di Stato si rimarcano bene principi che la politica di allora ebbe il coraggio di affermare. È anche una spinta forte alla politica di oggi, alle scelte amministrative ancora da compiere. E che non sono scontate, viste e considerate certe “visioni di città” con il viso voltato all’indietro. Perché la politica che decide, soprattutto per il dopo Covid, deve avere il coraggio di scelte di merito e radicali nei fatti per affermare quella rivoluzione ambientale che deve proseguire più di prima più di ieri e che dovrebbe essere in cima a ogni agenda amministrativa.

La sentenza del Consiglio di Stato afferma che ogni amministrazione, ogni consiglio comunale ha la possibilità e l’opportunità di agire e non solo di eseguire. La sentenza del Consiglio di Stato, se vogliamo, è un inno alla politica più nobile, quella che non ha paura, quella che non si fa spaventare, quella che non viene chiamata ad alzare la mano solo per obbligo notarile o paura di poteri forti, diritti acquisiti immodificabili anche se contrastanti con la città. Con il Masterplan abbiamo voluto fare proprio questo, dare una seconda opportunità al nostro territorio di pensarsi in modo differente. Lo stesso è stato, per altri versi, con l’archiviazione degli impattanti project financing ‘disfunzionali’ sul lungomare. Fogne sotto, verde senza auto e con giardini palestre sopra. Non massicci carichi edificatori, con sistemi fognari inadeguati, vista mare. La stagione del Covid, con gli spazi più grandi da ricercare, la natura, il rifiuto di ogni tipo di assembramento, anche edilizio, ci dice che l’intuizione fu giusta ed è dunque da continuare in futuro”.