Nota di Confcommercio della provincia di Rimini

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Liquidità, modalità e responsabilità sono i nodi da sciogliere per la riapertura delle imprese

RIMINI – Le incognite e le preoccupazioni per la riapertura delle imprese continuano ad essere numerose. A partire dalla mancanza di liquidità e alle grandi difficoltà nell’ottenere i finanziamenti bancari garantiti dallo Stato. Una misura, questa, inadatta alle reali necessità delle imprese, che al contrario hanno bisogno sostegni a fondo perduto e della cancellazione delle imposte, a cui si aggiunge una burocrazia paradossalmente sempre molto complessa. Accanto a questo, l’incertezza sulle modalità e sui tempi delle riaperture delle varie attività e sugli spostamenti delle persone bloccano di fatto ogni possibile programmazione.

“Tuttavia gli imprenditori non sono preoccupati solo sul “quando” riaprire, ma anche sul “come”spiega il direttore di Confcommercio della provincia di Rimini, Andrea Castiglionie in tal senso anziché dare seguito alle uscite sensazionalistiche che si leggono a destra e manca ben si farebbe a fare tesoro dei Protocolli già sottoscritti da noi insieme alle altre organizzazioni datoriali e dei lavoratori, in particolare quello del 24 aprile oggi vigente per chi già può rimanere aperto. Un Protocollo di grande efficacia, in grado di contrastare la diffusione del coronavirus e tutelare l’ambiente di lavoro, a partire dalla salute dei dipendenti, e che riteniamo possa consentire l’apertura in sicurezza di tutte quelle attività ad oggi sospese.

Purtroppo le difficoltà degli imprenditori non si fermano al “come” aprire, ma la spada di Damocle relativa alle ipotesi di responsabilità in capo all’imprenditore nella malaugurata eventualità di contagi in azienda spinge tanti a ragionare sul “se” aprire. Già le preoccupazioni erano forti con le norme introdotte dal Cura Italia, che ha aperto alla fattispecie dell’infortunio per i casi accertati di infezione da Coronavirus in occasione di lavoro. Poi è arrivata la circolare INAIL che ha riconosciuto un pericoloso automatismo tra lo svolgimento di attività lavorative a contatto con il pubblico e il riconoscimento di infortunio sul lavoro, aprendo al rischio di conseguenze di carattere risarcitorio e penale nei confronti delle aziende”.

“Un motivo in più di apprensione che va addirittura oltre ai gravissimi problemi che abbiamo già e aumenta i dubbi sulla decisione di rialzare o meno la serrandaaggiunge il presidente di Confcommercio della provincia di Rimini, Gianni Indino -. Come si fa a stabilire che il lavoratore sia stato contagiato sul luogo di lavoro e non fuori? È impossibile e ci chiediamo perché dovremmo assumerci responsabilità che non abbiamo, anche nel momento in cui le nostre imprese rispettano gli standard previsti. Siamo consapevoli della nostra responsabilità nei confronti dei nostri dipendenti, ma non possiamo caricarci anche di responsabilità che non ci competono e delle relative burocrazie. La disciplina va dunque rivista e resa coerente con la realtà.

Il principio di tutela dei lavoratori è giustissimo, ma qui siamo di fronte al rischio di rimanere sotto scacco per anni dal punto di vista civile e penale. Anche rispettare tutte le misure di protezione per lavoratori e clienti potrebbe non bastare. Questa è la morte dell’impresa: meglio restare chiusi. Siamo fiduciosi delle azioni e delle interlocuzioni avviate a livello nazionale per la correzione di queste storture. Io stesso ho posto il tema all’attenzione del governatore dell’Emilia Romagna Bonaccini e dell’assessore regionale Corsini durante un incontro avvenuto nella giornata di ieri (mercoledì 29 aprile), chiedendo che siano tutelati gli imprenditori da responsabilità che non competono loro, trovando grande disponibilità in tal senso”.