La convenzione – siglata dal presidente del Tribunale cittadino Italo Ghitti e dalla dirigente del Servizio Personale e Organizzazione Laura Bossi per il Comune – stabilisce che annualmente possano essere accolte dalla municipalità di Piacenza 10 persone messe alla prova, ai sensi dell’articolo 168 bis del Codice Penale, oltre a 40 persone condannate al lavoro di pubblica utilità, in conformità con il decreto legislativo 274 del 2000 che ha sancito l’applicabilità di questo istituto. I cittadini impiegati a tale scopo presso le strutture comunali, senza percepire alcun compenso, vengono destinati in via prioritaria a settori che si occupino di sicurezza ed educazione stradale, quindi a lavori di manutenzione stradale, tutela del patrimonio ambientale, ecologia e verde pubblico, beni culturali, musei, turismo e biblioteca, tutela dei beni comunali, attività relative ai servizi alla persona e al cittadino.
Nel triennio 2011-2014, complessivamente hanno svolto lavoro di pubblica utilità presso il Comune di Piacenza 129 persone, per una media di oltre 108 ore pro capite. Tra il 2014 e il 2017, sono stati inseriti per questa tipologia di servizio 69 cittadini, per una media di circa 132 ore ciascuno: un calo, quello del numero di persone accolte, dovuto nel secondo triennio all’ampliarsi degli enti e delle associazioni che hanno aderito alla convenzione e non a una diminuzione delle richieste da parte degli studi legali. In crescita, dalla sua introduzione, il ricorso alla possibilità della “messa in prova”.
“Si tratta – sottolinea l’assessore alla Legalità Luigi Gazzola – di un’opportunità significativa sia per chi è direttamente coinvolto, che peraltro vede il proprio status cambiare da condannato a lavoratore di pubblica utilità, sia per la collettività cui viene fornito un servizio che non comporta costi aggiuntivi. Il Comune di Piacenza, che ha il ruolo di mero esecutore del provvedimento giudiziario, crede fermamente nella validità e nella positiva ricaduta di questo strumento alternativo alla pena detentiva e pecuniaria, proprio perché si pone la persona al centro di un progetto costruttivo e rieducativo, che può prevenire forme di esclusione sociale”.
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