Forli

Il berretto a sonagli dal 4 al 6 novembre al Teatro Diego Fabbri di Forlì

IlBerrettoaSonagli – GabrieleLavia – fotoTommasoLepera

FORLÌ – Sipario sulla Stagione 2022/23 del Teatro Diego Fabbri di Forlì! La grande inaugurazione è affidata a un vero e proprio “mostro sacro” del teatro italiano: GABRIELE LAVIA, protagonista e regista de Il berretto a sonagli di Luigi Pirandello, in scena per la “Prima” del riallestimento venerdì 4 e sabato 5 novembre alle ore 21 e domenica 6 novembre alle ore 16. Ad affiancare Lavia, un nutrito gruppo di interpreti composto da Federica Di Martino, Francesco Bonomo, Matilde Piana, Maribella Piana, Mario Pietramala, Giovanni Guida e Beatrice Ceccherini.

Gli Artisti incontreranno il pubblico al Ridotto del Teatro Diego Fabbri sabato 5 novembre alle ore 18.30 in un dibattito condotto da Pietro Caruso. L’ingresso all’Incontro è gratuito.

Il berretto a sonagli è un testo amarissimo, comico e crudele, specchio di una società “malata di menzogna”. Lavia interpreta Ciampa, umile scrivano che ricorre alla follia per mantenere la facciata di rispettabilità del suo infelice matrimonio. Ciampa rappresenta il primo dei grandi personaggi pirandelliani a prendersi un’amara rivincita sulle umiliazioni di un’intera vita.

Note di regia

Per Luigi Pirandello la vita è una “soglia” troppo affollata del “nulla”. Tutta la sua opera ruota attorno a questo “nulla” affollato di “apparenze”, di ombre che si agitano nel dolore e nella pazzia. Solo “i personaggi” sono “veri” e “vivi”. Il Berretto a Sonagli è una tragedia della mente. Ma porta in faccia la maschera della “farsa”. Pirandello mette sulla scena un “uomo vecchio”, uno di quegli uomini “invisibili”, senza importanza, schiacciato nella “morsa” della vita e, poiché́ è un “niente di uomo”, è trattato come se fosse niente: “Oh che ero niente io?”. Questa “domanda disperata” nasconde la concezione di sé stesso, torturata e orgogliosa, di un uomo dissolto nel “nulla” del mondo, un nulla affollato da fantocci, da pupi. Da fantasmi umani. Che spiano e che parlano. Parlano parole già̀ “parlate”, consumate. E sul palcoscenico, “come trovati per caso”: un vecchio fondale “come fosse abbandonato” e pochi elementi, “come relitti” di un salottino borghese, e “per bene”, dove viene rappresentato un banale “pezzetto” di vita di una “famiglia perbene” o di una “famigliaccia per bene” che fa i conti con l’assillante angoscia di dover essere “per gli altri”, di fronte agli altri. Come se la propria vita fosse, per statuto, una recita per “gli altri” che sono gli spettatori ingiusti e feroci, della propria vita. Del proprio “teatro”.

Vita di uomini che non sono altro che un segno che indica il nulla, fatto di apparenze, di fantasmi, di tutto quello che l’“io” è per gli altri. È l’“essere-per-gli-altri” a prendere il sopravvento perché l’“essere-con-gli-altri” è comunque il nostro “essere ineludibile”.

Ciampa “scrive”, ha un mondo suo, ma solo di notte, di nascosto, come i delinquenti, quando “gli altri” dormono. Ma di giorno: “Io sono quello che gli altri dicono che io sia”. Io sono la doxa, il “si dice “. È proprio il “si dice” ad “essere” la stessa sostanza identitaria del mio “io”. È il “segno” della perversione del mondo degli altri. Quel “mondo degli altri” che percepisce il mio mondo come, appunto, il mio mondo (il mio essere) “appare” a lui, a quel mondo che “non” sono “io”.

Ma chi sono “io”? Chi è questo “io”? Questo “io” che è uno, nessuno e centomila. Questo “io” è “uno” con me stesso e “un altro io” con ognuno degli altri “io” che vivono nella “società̀ dei pupi”. Questo “io” è determinato, nel suo essere, dalle centomila interazioni sociali, amorose, erotiche, amicali che quelle “interazioni” contribuiscono a frammentare. È questo “io” fatto a pezzettini che non ha più̀ scampo. L’unica speranza è difendere l’“io” dall’aggressione degli altri. Ma come? Ciampa usa spranghe alle porte, catenacci, paletti per difendere il suo “io”. Ma non ci riesce.

È costretto a uscire, a “sporcarsi le mani”, direbbe Sartre. Esistere.

Ma esistere vuol dire “mettere in gioco” sé stesso. E allora la “corda civile” e la “corda seria” non servono più̀. È la “corda pazza” che scatta. E scatta per tutti. Non si può.̀ difendere il proprio “io” dagli attacchi del mondo. Non è possibile uscire dal mondo, uscire da noi stessi. Se lo facciamo siamo morti viventi. (Gabriele Lavia)

Biglietti: 29 euro (Platea file 1-17); 27 euro (Platea file 18-25 e Galleria)

Prevendite: presso la biglietteria diurna del Teatro Fabbri (Corso Diaz 38/1) dal martedì al sabato dalle ore 10 alle ore 13 e dalle ore 16 alle ore 18.

Prenotazioni telefoniche (0543 26355): dal martedì al sabato dalle ore 11 alle ore 13 e dalle ore 16 alle ore 18. Ai biglietti acquistati o prenotati in prevendita sarà applicato un diritto di prevendita di 1 euro. Nei giorni di spettacolo la biglietteria del Teatro aprirà un’ora prima dell’inizio delle rappresentazioni.

Biglietti online: Vivaticket

Info: 0543 26355 – accademiaperduta.it

PROSA

Venerdì 4 e sabato 5 novembre ore 21 – domenica 6 novembre ore 16

Prima riallestimento

Effimera Produzioni e Diana Or.I.S.

GABRIELE LAVIA

Il Berretto a Sonagli

di Luigi Pirandello

e con Federica Di Martino, Francesco Bonomo, Matilde Piana, Maribella Piana,

Mario Pietramala, Giovanna Guida, Beatrice Ceccherini

scene Alessandro Camera – musiche Antonio Di Pofi – luci Giuseppe Filipponio

regia Gabriele Lavia

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Pubblicato da
Roberto Di Biase

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