Ed è proprio di questi giorni, dopo molti mesi di lavoro la pubblicazione di un’opera in tre volumi di Raffaele d’Alessandro dal titolo “FRAMMENTI DI UN DISCORSO ICONOGRAFICO PALEOCRISTINANO- L’imaginarius paleocristiano tra Salvezza e propaganda: quid est veritas?”
Un saggio che parte da uno studio della prima arte cristiana di come è stata costruita tutta l’iconografia della Chiesa per il suo programma di salvezza rivoluzionario, nei volumi una interessante lettura di come la costruzione iconografica non vada, a volte, a braccetto con la storia.
Il volume affronta il mondo delle immagini che precedono il XII secolo, occupandosi di opere -sarcofagi, dittici eburnei, mosaici e affreschi- per lo più poco considerate, anonime e spesso frammentarie, il che non giova certo alla loro conoscenza e men che meno alla loro comprensione. Non sono sculture o affreschi che possono o vogliono competere con Raffaello o Bernini, eppure, oltre la loro arcana bellezza, ci raccontano delle fatiche e delle gioie della prima comunità cristiana, quella che aderiva al rivoluzionario progetto di Salvezza proposto da Gesù. Fatiche perché la Chiesa ha dovuto inventarsi un apparato di immagini -i giornali, la Tv, i social di duemila anni fa erano le pareti e le pietre- attraverso il quale diffondere il suo Credo a conforto dei fedeli. Accanto all’agire per la salvezza dei credenti, essa ha dovuto anche definire e cristallizzare una ortodossia a fronte delle numerose e divergenti speculazioni dottrinali, successivamente definite “eresie”, che animavano e hanno continuato ad animare l’ecumene cristiana. Le espressioni iconiche dei primi secoli del cristianesimo sono dunque una particolarissima commistione di sacro e di profano (pur sempre del sacro), di Salvezza e di propaganda.
A prova di ciò, per esempio l’autore avanza ipotesi che diano una ragione all’assenza, nei primi secoli, della rappresentazione della Crocifissione, futura icona del cristianesimo, e del ciclo della Passione; allo stesso modo si interroga sulla fugace proposizione di Adamo ed Eva non nelle classiche vesti di peccatori o di espulsi dall’Eden ma benevolmente a fianco di Gesù, e sul frequente ricorso a personaggi ed episodi della Bibbia ebraica la cui presenza non è riconducibile esclusivamente alla continuità tra Antico e Nuovo Testamento, che è obiettivo e non causa di tali rappresentazioni, ma al tentativo di controbattere alcune “eresie”. Infine, relativamente agli affreschi di Castelseprio, di Barzanò, di Sarnico e al sarcofago della Cattedrale di Mantova, Raffaele d’Alessandro tenta una strada interdisciplinare la cui combinazione sembra dare maggior completezza, non necessariamente verità, a quanto ivi effigiato.
L’opera è in vendita presso la Fondazione Tito Balestra Onlus ubicata all’interno del Castello Malatestiano di Longiano e online sullo shop del sito www.fondazionetitobalestra.org
Tel. 0547 665850 e-mail: fondazione@iol.it
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