Fotografi ai Musei per documentare opere e analizzare dettagli

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Paolo Terzi scatta immagini di opere e oggetti, mentre Renaud Bernadet usa la tecnica Rti

MODENA – Nelle sale dei Musei civici di Modena, chiuse ai visitatori causa pandemia, proseguono le attività di ricerca, le azioni di documentazione e conservazione, e si aggiungono nuovi interventi, in parte favoriti dalla disponibilità delle sale vuote.

Sono in corso in questi giorni due campagne fotografiche con un duplice obiettivo: da un lato aggiornare la documentazione con immagini di reperti e opere; dall’altro quello di ottenere utili informazioni conservative su oggetti specifici.

Per il primo obbiettivo, il fotografo Paolo Terzi sta portando a termine una campagna fotografica documentaria, per aggiornare e in parte rinnovare l’archivio fotografico digitale del museo. Molti dei nuovi scatti confluiranno nelle prossime presentazioni del museo, dalle pubblicazioni alle proposte digitali, tra cui un rinnovato sito internet, in occasione nel 2021 delle celebrazioni dei 150 anni dalla fondazione dell’istituto.

Per la seconda finalità, al conservatore restauratore Renaud Bernadet è stato richiesto un innovativo intervento di documentazione con Rti (Reflectance Transformation Imaging) su due pregiati dipinti di Girolamo Comi esposti al museo, per analizzarne nel dettaglio le tecniche di realizzazione e lo stato di conservazione.

L’Rti è un metodo fotografico computazionale che cattura la forma e il colore della superficie di un oggetto e consente la sua re-illuminazione interattiva da qualsiasi direzione. L’alternanza di luce e ombre rivela i dettagli più fini della superficie tridimensionale dell’oggetto fotografato, restituendo informazioni su particolari decorativi e tracce di fabbricazione e utilizzo, fino ai dettagli epigrafici, non sempre visibili a diretto esame empirico dell’oggetto. La Rti, a cura di Bernadet, ha recentemente rivelato al museo modenese al terzo piano di Palazzo dei Musei i particolari della scrittura geroglifica presente sulla base di un grande scarabeo egiziano, esposto nella mostra “Storie d’Egitto” con iscrizione a nome Amenothep III (1388-1351 a.C.), faraone che ne commissionò l’ampia produzione. L’immagine ottenuta ha permesso di migliorare la lettura dei geroglifici da parte degli studiosi.

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Foto di Paolo Terzi