Bologna: 42° anniversario della strage di Ustica

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L’intervento del sindaco Matteo Lepore all’incontro con i parenti delle vittime

BOLOGNA – Oggi, lunedì 27 giugno 2022, nel 42° anniversario della strage di Ustica, nella Sala del Consiglio comunale di Palazzo d’Accursio, il sindaco Matteo Lepore ha incontrato i parenti delle vittime. Alla cerimonia sono intervenuti Daria Bonfietti, presidente dell’associazione dei parenti delle vittime, la presidente dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna Emma Petitti, e l’avvocato dell’Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica, Alessandro Gamberini.

Di seguito l’intervento del sindaco Matteo Lepore

“La città di Bologna ha deciso per questo 42° anniversario di portare avanti diverse iniziative che insieme a Daria Bonfietti abbiamo presentato alla stampa. Iniziative che dentro di sé hanno la cifra della battaglia che abbiamo combattuto insieme in questi anni.

Abbiamo avuto modo di dirlo nel giorno in cui abbiamo presentato il programma, quarantadue anni sono lunghi. Sono lunghi, sono la vita di una persona, pensate che io sono nato il 10 ottobre 1980, sono lunghi quanto la mia vita. E sono quarantadue anni nei quali sulle spalle dei familiari vi è stata una battaglia molto importante per la democrazia del nostro paese, che è stata condotta insieme a tanti compagni di strada, ma inizialmente soli. Compagni di strada che sono cresciuti nel tempo e hanno visto crescere la cultura democratica della nostra città. Io tengo molto a sottolineare questo aspetto, perché questa città ha imparato a battersi per la verità e la giustizia, ha imparato purtroppo attraverso i crimini che l’hanno ferita, hanno ferito persone che qui sono nate o persone che l’hanno amata.

Anche quest’anno abbiamo deciso di raccontare attraverso il linguaggio dell’arte cosa è successo nei cieli di Ustica quarantadue anni fa, prendendo posizione. Sembra strano che dopo quarantadue anni si richieda il coraggio della presa di posizione eppure è ancora così. Una presa di posizione che noi portiamo avanti a tutti i livelli, nelle scuole, negli spazi pubblici, attorno al museo, nelle aule istituzionali, nei convegni come quello che celebreremo il 14 luglio per celebrare Christian Boltanski a un anno dalla sua scomparsa. Christian Boltanski è stato fondamentale per la rappresentazione di quelle storie che fanno parte della vicenda di Ustica. A Christian Boltanski dobbiamo la grande capacità, la maestria di essere riuscito ad unire quelli che erano i reperti fondamentali per le inchieste, di unirli dentro uno spazio fisico all’interno della città, non più nel mare, e in quello spazio creare un momento di raccoglimento e di comunicazione straordinaria.

L’arma più potente che in questi quarantadue anni siamo riusciti a portare avanti insieme è stata proprio questa, quella di costruire intorno alla vicenda di Ustica una comunità sempre più grande, sempre più consapevole. E questa credo che sia la missione universale della nostra città, quella di fare crescere attorno a queste ferite, a queste stragi commesse dall’uomo e dalla cieca ferocia delle istituzioni a volte, qualcosa che duri nel tempo e che ci permetta non di lenire quelle ferite, perché penso che nessuno possa lenire certe ferite, ma di fare sì che la nostra Repubblica possa scrivere tutte le parole che servono in questa vicenda e che si possa restituire innanzitutto ai familiari, alle vittime e a tutti noi, verità e giustizia. Le parole che servono ancora non sono state scritte tutte. O meglio, noi ogni anno dobbiamo ricordare che sono state scritte parole importanti, che ci raccontano cosa è successo nei cieli di Ustica quel giorno. Perché noi conosciamo la verità che non è la propaganda di qualcuno, della politica, di qualche corrente ma la verità sancita dai tribunali grazie al lavoro dei magistrati e di persone che hanno condotto seriamente il loro dovere. Mentre un’altra parte dei rappresentanti dello stato lavorava per occultare quello che era successo, per depistare. E credo che questo del depistaggio sia uno dei crimini più odiosi che si possa perpetrare nei confronti dei cittadini. Purtroppo Bologna lo sa sulla propria pelle. Il depistaggio è un reato che ha colpito più volte la nostra città. Recentemente una sentenza che riguarda la strage di Marzabotto, che ha chiesto alla Germania di restituire quello che è stato tolto, di rifondere le vittime di un eccidio incredibile come quello di Marzabotto durante la Seconda Guerra Mondiale. Mi ha fatto molto riflettere questa sentenza perché si è riconosciuto molti anni dopo che uno stato è comunque responsabile di quello che avviene nei confronti di vittime civili, anche quando questo avviene in uno stato straniero. È una sentenza importante che oggi riconosce un principio che potremmo dire di senso comune, ma che di senso comune non è. È a mio parere una sentenza tanto semplice quanto rivoluzionaria che ci auguriamo venga applicata e portata avanti, perché riconosce che gli stati nazionali non possono tutto, non hanno il monopolio della violenza. Eppure gli stati nascono proprio sulla base di questo principio, il monopolio della violenza, la gestione del potere, gli assetti militari, per motivi di convivenza. La nascita dello stato serve a questo ma oggi, nel mondo in cui siamo, possiamo dirci che gli stati hanno ancora questo diritti di supremazia nei confronti delle persone? Io credo proprio di no.

Questo gonfalone che è dietro di me e recita la parola libertà ci ricorda quanto oggi è importante che i diritti fondamentali delle donne e degli uomini vengano tutelati e difesi dalle istituzioni prima ancora che dallo stato. Perché gli stati democratici sono fatti da istituzioni e dentro quelle istituzioni ci sono donne e uomini che si devono assumere delle responsabilità e servire con disciplina e onore quello stato a cui hanno giurato fedeltà leggendo una costituzione che ha dei principi fondamentali per noi, che sono ancora una volta saldi e ci possono condurre quando tutto sembra perduto. Ecco io credo che attorno alle stragi che purtroppo hanno ferito la nostra città ci siano molti insegnamenti che possono permetterci di far crescere una nuova generazione di cittadini più consapevoli e più forti perché devono conoscere i propri diritti. In un paese come il nostro conoscere i propri diritti significa sapere cosa è successo nella Repubblica Italiana dal dopoguerra in avanti, da quando abbiamo deciso di dotarci di una repubblica e non di una monarchia, con una costituzione nata dalla Resistenza e di far sì che questa costituzione potesse vivere nel lavoro, nella crescita degli enti locali. Ecco, questi cittadini devono sapere che li può difendere la giustizia che è una delle istituzioni più importanti all’interno del corpo dello stato. Quella giustizia fatta di uomini e donne che, se chiamati ad un appello, possono scrivere non solo pagine di storia ma possono restituire alle comunità la voglia di essere cittadini di uno stato, di fare parte di una repubblica. E noi, in questi quarantadue anni, abbiamo faticato in questo cammino perché più di una volta i cittadini coinvolti in questa faccenda hanno dubitato di questo stato, hanno dubitato che questo stato possa chiamarsi democratico, che possa essere una repubblica che tiene fede a questi principi costituzionali. Noi sappiamo cosa è successo nei cieli di Ustica ma non conosciamo quelle parole che pongono in modo definitivo i nomi e cognomi di chi in quel momento si è assunto la responsabilità di uccidere 81 persone, 81 cittadini. Non sappiamo ancora quelle che sono le colpe all’interno di un contesto internazionale. Non sappiamo quali sono le colpe personali e politiche. E credo che questo sia un aspetto decisivo nella vicenda del nostro paese attuale. Credo che sia attuale la vicenda di Ustica in questo 42° perché l’Europa è di nuovo di fronte a una guerra, è di fronte di nuovo alla crescita del potere degli stati che per loro sicurezza devono cominciare nuovamente a confrontarsi fra di loro, mettendo da parte quelle che sono le organizzazioni nazionali, mettendo da parte quelle che sono le regole della convivenza pacifica che avevamo saputo costruire con grande difficoltà.

Noi non possiamo affrontare questa stagione senza dirci cosa è successo nei cieli di Ustica quarantadue anni fa, non possiamo di nuovo affrontare questa stagione con fiducia e speranza nei confronti del nostro, di Stato, se guardandoci negli occhi non affrontiamo tutta la verità. Ecco perché credo che sia molto importante quella domanda retorica che insieme a Daria ci siamo posti, che vedete sugli autobus e nei manifesti del progetto culturale di quest’anno: ma sono veramente stati gli alieni ad abbattere quell’aereo? Ecco, penso che quest’anno le istituzioni italiane debbano sentire l’urgenza di rispondere di no, e anzi, di dire chi è stato e che conseguenze questa cosa dovrà avere nella nostra vita istituzionale e repubblicana. Ecco perché noi insistiamo e insisteremo, ecco perché continueremo, dopo questo 42°. Ecco perché abbiamo deciso insieme di costituire una fondazione che porti avanti nei prossimi decenni, non solo la memoria, ma la battaglia per la verità e la giustizia. Perché questa battaglia non sarebbe forte se non avessimo un patrimonio culturale alle spalle, se in questi quarantadue anni non avessimo scritto pieces teatrali, non avessimo chiesto ad artisti di interpretare quanto era successo, se in questi quarantadue anni non avessimo fatto di quello che era accaduto, un patrimonio comune rappresentato e rappresentabile. Questa fondazione servirà a portare nel futuro, certo lo studio della storia, ma anche la rappresentazione della storia., per far sì che il testimone passi di generazione in generazione. Diremo anche in occasione del 2 Agosto, il motivo per cui Bologna in questo anno, grazie ai fondi europei, assumerà la decisione anche di ridisegnare i propri pubblici, creando quel Polo della Memoria così importante che abbraccerà la Stazione 2 Agosto, il Museo della memoria di Ustica, i luoghi del lavoro, come le Officine Grandi Riparazioni, dove hanno perso la vita più di 380 persone in questi anni, a causa dell’amianto; quei luoghi della memoria di questa città che, se uniti, rappresentano un’identità fondamentale di Bologna”.