Banda ultra larga, interi territori dimenticati

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Alberto Papotti: per salvaguardare le aree disagiate non bastano gli incentivi, ma servono servizi

MODENA – Diciotto comuni su 47, appena il 38% del nostro territorio. È questa la copertura garantita dal piano di Tim per l’adozione della banda ultralarga ad altissima velocità (FITH). Un intervento del tutto insufficiente, anche perché l’altro progetto destinato a collegare le municipalità minori, Open Fiber, coinvolge solo altri sette comuni, e nessuno di questi in Appennino. “Località come Novi, Concordia, Montefiorino, Lama, Sestola, Pievepelago, e sono solo alcuni esempi, non sono nemmeno citate. Su tutto ciò pesano anche i ritardi di Lepida: il piano Bul avrebbe dovuto concludersi nell’aprile del 2020, mentre sul sito si legge che solo due comuni sono all’ultima delle quattro fasi in cui si suddividono gli interventi di quest’ultimo progetto” – fa notare CNA Modena.

“Oggi la distribuzione dei servizi di trasmissione dati è importante almeno quanto l’erogazione dell’energia elettrica, e da questo punto di vista, mentre il mondo si muove in automobile, noi viaggiamo in bicicletta – osserva Alberto Papotti, segretario dell’Associazione modenese – Una situazione le cui conseguenze sono prepotentemente emerse in occasione del lockdown, con le imprese delle zone più disagiate, già penalizzate dalla logistica, spesso impossibilitate a lavorare anche con la rete”.

Senza contare il fatto che, anche laddove arriva la banda ultralarga, esiste per sempre il problema dell’ultimo miglio, ovvero il collegamento tra la stazione di erogazione (le cabine-armadio) del servizio e l’impresa/abitazione, quasi sempre servita dal doppino telefonico, che non garantisce le adeguate prestazioni. Del resto, spesso l’utente si interroga sulla distanza del proprio sito dalla cabina: anche sotto questo aspetto una operazione trasparenza non guasterebbe.

Tutto ciò per le imprese significa il ricorso e l’adozione di soluzioni ed allacciamenti molto costosi, dell’ordine di decine di migliaia di euro.

La situazione ideale, secondo CNA, sarebbe quella che caratterizza la distribuzione dell’elettricità, vale a dire un solo proprietario della rete distributiva ai cui i gestori pagano il noleggio per portare i servizi – traffico dati e contenuti – agli utenti. Ora, invece, ci troviamo alle prese con un mercato privato che si concentra sui grandi centri, mentre il settore pubblico è in ritardo nell’erogazione di questi servizi nelle località meno redditizie.

“È necessario – continua Papotti – che la Regione assuma una posizione forte di fronte ad un problema che sta penalizzando in modo grave le comunità più piccole e lontane dai grandi centri. Perché non c’è incentivo che possa ostacolare il progressivo abbandono di centri minori”.

Un abbandono che non riguarda solo le attività economiche, come ha evidenziato la recente ricerca di CNA, diffusa nei giorni scorsi, sulla chiusura delle attività nei diversi comuni, ma le intere comunità, alle prese con problemi quotidiani che solo chi li affronta può sapere quanto pesino. È il caso del problema degli uffici postali, che svolgono un’attività del tutto insufficiente e che individuano una situazione davvero scandalosa, e si pensa che chi gestisce questo servizio lavora di fatto in un regime di monopolio. Ma le cronache parlando anche delle difficoltà con il reperimento di medici di base.

“Se non si affrontano queste problematiche – conclude il segretario provinciale di CNA – non ci si stupisca poi di vedere abbandonate paesi i cui abitanti hanno gli stessi diritti di quelli che abitano località più grandi”.