“L’attività fisica può diventare anche una terapia oltre che uno strumento di prevenzione e la applichiamo a seconda della patologia, nel rispetto dei protocolli che sono approvati a livello regionale – sottolinea Gustavo Savino direttore del servizio di Medicina dello Sport – il medico di medicina generale e lo specialista possono inviare a noi i loro assistiti affinché possano essere valutati, secondo criteri di inclusione ed esclusione, per essere inseriti in questi percorsi”.
Le patologie più comuni, inserite nel percorso, sono cardiopatie, sindrome metabolica, ipertensione, diabete ma vengono prese in carico anche persone nella prima fase di Alzheimer, in collaborazione con una associazione del territorio e persone con problemi di natura psichiatrica in accordo con il Dipartimento di Salute Mentale. Da alcuni anni il servizio di Medicina dello Sport si occupa anche di persone che hanno subito o sono in attesa di un trapianto di organo solido, con una attività motoria adattata per questa condizione.
“La Medicina dello Sport sta inoltre portando avanti anche sperimentazioni su patologie che non sono ancora riconosciute come tali per poter essere inserite in questi percorsi ma sono protocolli in corso di validazione, ad esempio per la sclerosi multipla e pazienti affetti da esiti dell’ictus” spiega Savino.
Ogni anno sono circa 120-150 le persone affette da patologie croniche seguite dal servizio di Medicina dello Sport che viene erogato in una palestra convenzionata (nelle piscine comunali di Carpi) mentre sono in corso i lavori di realizzazione del nuovo centro di Medicina dello Sport che arricchirà ulteriormente l’offerta per i cittadini modenesi.
Al termine del periodo di 8 settimane (che può anche terminare prima se la persona è sufficientemente autonoma) gli assistiti vengono inviati nelle palestre della salute accreditate dalla Regione Emilia Romagna: qui il personale prosegue il programma di attività fisica secondo le indicazioni fornite dalla Medicina dello Sport, questa attività è a pagamento secondo tariffe stabilite dalle singole strutture.
“Credo che non ci siano limiti alla proposta di movimento in qualsiasi ambito e contesto – conclude Savino – confidiamo che in futuro l’attività motoria adattata entri a pieno titolo nei percorsi diagnostici terapeutici assistenziali”.
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