Atlas of Transitions Biennale: lunedì 7 dicembre Necropolis di Arkadi Zaides

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BOLOGNA – Giunge a conclusione la quarta e ultima edizione di Atlas of Transitions Biennale, dal titolo We The People, con il coreografo bielorusso Arkadi Zaides, che presenta per la prima volta al pubblico italiano la versione filmica del suo spettacolo Necropolis – che non è potuto andare in scena dal vivo al Teatro Arena del Sole di Bologna – lunedì 7 dicembre alle ore 21.00, in onda sulle pagine Facebook e YouTube di Atlas of Transitions – Italia e sulla pagina Facebook di ERT Fondazione.

Realizzato da Emilia Romagna Teatro Fondazione, con la cura di Piersandra Di Matteo, il festival ripensato per il periodo invernale, e ferme restando le condizioni di emergenza, ha mutato la propria forma e da spazio fisico è diventato spazio acustico, sottolineando ancor più la dimensione dell’ascolto.

We The People ha siglato al contempo la conclusione del progetto europeo Atlas of Transitions. New Geographies for a Cross-Cultural Europe in cui undici partner in sette paesi – Italia, Albania, Belgio, Polonia, Francia, Grecia e Svezia – hanno collaborato negli ultimi tre anni per progettare e realizzare, attraverso diverse pratiche artistiche, esperienze innovative di interazione e reciprocità tra cittadini europei, residenti stranieri e nuovi arrivati (migranti, richiedenti asilo, minori non accompagnati, rifugiati).

Necropolis, termine che rimanda al luogo sacro della sepoltura dei corpi, è frutto di un lungo lavoro che Arkadi Zaides, sempre attento a tematiche politiche e sociali, porta avanti da circa tre anni con un team di ricercatori, per tentare di dare un nome alle vittime delle migrazioni che avvengono attraverso il Mediterraneo.

Sono 40555 i migranti morti nel tentativo di raggiungere l’Europa dal 1993 al giugno 2020: lo attesta una lista redatta da UNITED for Intercultural Action, network di centinaia di organizzazioni antirazziste europee che si avvale della collaborazione di attivisti, giornalisti, esperti e ricercatori; il bilancio totale è certamente più alto, dato che molte persone non figurano perché disperse o non registrate. Nel visionarla, non si può ignorare come la stragrande maggioranza dei decessi siano accompagnati dalla dicitura latina “N.N.”, che sta per “Nomen Nescio” ossia “di cui non si conosce il nome”. Nella maggior parte dei casi infatti i corpi recuperati non sono oggetto di alcuna procedura di autopsia medico-legale post-mortem utile alla raccolta di dati clinici e biologici. Questa assenza di informazioni pregiudica ogni possibilità di identificazione delle vittime.

Arkadi Zaides e il suo team si addentrano nella pratica dell’investigazione scientifica e forense, per dare una risposta alla mancata identificazione delle vittime. Giornali, fonti orali, database ufficiali, archivi urbani, autorità cimiteriali e ospedali sono le fonti per ricostruire la storia dei defunti, localizzare le salme e riconsegnare ai corpi il nome proprio. Contattano le istituzioni locali (Municipi, cimiteri, ONG) di diverse località d’Europa utili a fornire informazioni sulle morti, raccolgono documenti e conducono interviste con esperti locali coinvolti nella gestione della crisi migratoria come esperti forensi, attivisti, operatori umanitari e esperti legali.

Le storie delle vite spezzate riemergono e con esse un universo di miti, geografie, movimenti e anatomie raccolte in una Città dei Morti, un corpo dei corpi, che Zaides vuole riportare in vita.

Una comunità di invisibili che rivela la tragedia contemporanea di una catastrofe umana attualmente in corso in Europa, e lungo i suoi confini; gli stessi confini che queste persone si portano dietro, come una linea invalicabile. Le morti infatti non avvengono soltanto nel Mediterraneo, ma durante un tragitto, in un centro di detenzione, per strada. Ed è attraverso queste storie che Zaides conduce lo spettatore, all’interno di diverse scene del crimine, attraverso una pratica ibrida che riesce a coniugare l’approccio documentaristico e investigativo alla pratica coreografica. Gli oggetti creati dal performer e visual artist Moran Senderovich sono utilizzati per presentare sul palco la fragilità della carne. Infine, con il supporto della tecnologia avatar, il video-artista Jean Hubert permette a questi oggetti di emergere nello spazio virtuale: la danza dei morti, la necro-coreografia prende il centro della scena. Un atto d’accusa e di compianto, Necropolis è un rito laico che invita lo spettatore a non volgere lo sguardo altrove.

L’appuntamento verrà trasmesso esclusivamente la sera del 7 dicembre alle ore 21.00 in collaborazione con Mediterranea Saving Humans

Arkadi Zaides

Coreografo e visual artist di origine bielorussa, attualmente residente in Francia. Durante la sua permanenza in Israele ha lavorato come danzatore e coreografo per la Batsheva Dance Company e Yasmeen Godder Dance Group, prima di intraprendere una carriera da artista indipendente. Dopo la Laurea magistrale (DAS Choreography) alla AHK Academy of Theater and Dance di Amsterdam, la sua riflessione si è focalizzata sullo studio del movimento determinato da contesti e pressioni politiche e sociali, facendo emergere un contenuto coreografico in grado di spingere lo spettatore oltre la propria comfort zone. A Gerusalemme ha curato insieme al coreografo Anat Danieli, New Dance Project (2010-2011), progetto di promozione e produzione per giovani coreografi. Tra il 2012-2015 ha ideato e dato vita a Moves Without Borders, piattaforma di formazione, scambio e presentazione delle forme più avanzate dei linguaggi coreutici internazionali in varie località di Israele. Tra il 2015-2018 ha sviluppato Violence of Inscriptions al HAU – Hebbel am Ufer di Berlino, in collaborazione con la dramaturg e ricercatrice tedesca Sandra Noeth. Il progetto ha riunito artisti, pensatori e attivisti con l’intento di analizzare il ruolo del corpo nel produrre, mantenere, legittimare ed estetizzare la violenza strutturale.

Tra i numerosi riconoscimenti ricevuti, ricordiamo il Premio Emile Zola, per l’interesse dimostrato in Archive (2013) verso la violazione dei Diritti Umani e il Premio Kurt Ross per Solo Colores (2010). Le sue installazioni e performance sono state presentate nei maggiori festival di teatro e danza, musei e gallerie tra Europa, Stati Uniti, Sud America e Asia.

We The People è realizzato da Emilia Romagna Teatro Fondazione, in dialogo con una larga rete di collaboratori urbani. Centri culturali, cooperative impegnate nell’accoglienza, organizzazioni attive nella mediazione culturale, associazioni di comunità immigrate e attivisti, in connessione con le principali istituzioni culturali della città, tra le altre Fondazione Cineteca, Fondazione per l’Innovazione Urbana, Dipartimento di Sociologia e DAMSLab – Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna, MAMbo – Museo di Arte Moderna di Bologna, insieme a Neu Radio, Atlantico Festival, CHEAP street poster art, Mediterranea Saving Humans.

L’immagine scelta per Atlas of Transitions Biennale 2020 | We The People è della fotografa sudafricana Alice Mann, tratta dalla serie Drummies che comprende ritratti di “drum majorettes”, atlete adolescenti provenienti dalle comunità più emarginate del paese che scelgono questo sport altamente competitivo come forma di riscatto sociale e self-empowerment.

2018 ©Alice Mann_Hillcrest Primary Majorettes from the series Drummies (2018)

Necropolis
di Arkadi Zaides
ideazione e regia Arkadi Zaides
drammaturgia, testo e voce Igor Dobricic
assistente di ricerca Emma Gioia
performer Arkadi Zaides, Emma Gioia
scultura Moran Senderovich
modellazione 3D Mark Florquin
animazione Avatar Jean Hubert
luci Jan Mergaert
sound design Asli Kobaner
direttore Tecnico Etienne Exbrayat
produzione e Amministrazione Simge Gücük / Institut des Croisements
distribuzione Internazionale Key Performance
coproduzione Théâtre de la Ville (FR), Montpellier Danse 40 Bis (FR), Charleroi Danse (BE),
CCN2 Centre chorégraphique national de Grenoble (FR), les Ballets C de la B (BE), Tanz im August / HAU Hebbel am Ufer (DE), La Filature – Scène nationale de Mulhouse (FR), Residenza CCN –
Ballet de Lorraine (FR), STUK (BE), PACT Zollverein (DE), WP Zimmer
(BE), Workspacebrussels (BE), Cie THOR (BE)
supporto alla Sperimentazione RAMDAM, un centre d’art (FR)
localizzazione funeraria Aktina Stathaki, Amber Maes, Ans Van Gasse, Arkadi Zaides,
Benjamin Pohlig, Bianca Frasso, Carolina-Maria Van Thillo, Doreen Kutzke, Elvura Quesada,
Emma Gioia, Frédéric Pouillaude, Gabriel Smeets, Giorgia Mirto, Gosia Juszczak, Igor Dobricic,
Joris Van Imschoot, Julia Asperska, Juliane Beck, Katia Gandolfi, Luca Lotano, Maite Zabalza,
Maria Sierra Carretero, Mercedes Roldan, Michela Sartini, Myriam Van Imschoot, Myrto Katsiki,
Pepa Torres Perez, Sarah Leo, Simge Gücük, Sunniva Vikør Egenes, Yannick Bosc, Yari Stilo.

Le ricerche per localizzare le sepolture segnalate a Bologna dalla lista UNITED for Intercultural Action sono condotte da Elisa Franceschini.

Atlas of Transitions Biennale

WE THE PEOPLE
Arti • Migrazioni • Cittadinanze

dal 2 al 7 dicembre 2020 – Bologna

performance | incursioni radiofoniche | talk | film | workshop

Necropolis
di Arkadi Zaides

lunedì 7 dicembre, ore 21.00

in onda sulle pagine Facebook e YouTube di Atlas of Transitions – Italia e sulla pagina Facebook di ERT Fondazione
in inglese con sovratitoli in italiano

a seguire incontro con Arkadi Zaides, Francesca Mannocchi e Sandro Mezzadra
coordina Piersandra Di Matteo