Nato nel ’92 il Corpo di Pace di APG23 di don Benzi è intervenuta in 17 conflitti con 2000 volontari
RIMINI – Il 22-23 Luglio a Rimini, si tiene l’incontro dei volontari di Operazione Colomba, il Corpo nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII.
Il Colombaraduno 2017 celebra quest’anno i 25 anni di attività nelle zone di guerra.
Nella due giorni presso la parrocchia di San Lorenzo in Correggiano, sede storica della formazione dei volontari – a qualche chilometro da Rimini – si terranno incontri, dibattiti e racconti, ma anche cibo, musica e tante storie per continuare a costruire insieme il futuro.
Il Corpo di Pace di APG23 è nato nell’estate del 1992, nel pieno del conflitto bellico in ex-Jugoslavia, dall’intraprendenza di alcuni giovani romagnoli sostenuti da don Oreste Benzi, che ha sempre creduto nella potenzialità di questo progetto.
«Portare la presenza di volontari civili, non armati, al fianco dei più poveri, nel cuore delle guerre. Da questa intuizione si è poi scoperto che il modello di intervento funziona: dove sono presenti i nostri volontari, allora la violenza si riduce e si favorisce il dialogo» commenta Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII «Da allora siamo intervenuti nella maggior parte delle crisi belliche degli ultimi anni: dalla Cecenia al Congo, da Timor Est al Chiapas».
In 25 anni la Comunità di don Benzi, tramite i progetti di Operazione Colomba è intervenuta in 17 situazioni di guerra o di conflitto nel mondo. Sono stati circa 2000 i volontari che sono partiti in questi anni per una presenza nonviolenta nei progetti di Operazione Colomba.
Oggi Operazione Colomba è presente in Israele e Palestina, in Libano, in Albania ed in Colombia. Nel 2016 i volontari in Palestina hanno denunciato 122 violenze e aggressioni compiute da coloni ai danni dei civili, 94 abusi e violenze operati dall’esercito, 21 da parte della polizia.
Hanno sostenuto le azioni nonviolente dei Comitati Popolari. In Colombia si sostiene la resistenza della Comunità di Pace di San José de Apartadò, rimasta disarmata e neutrale rispetto al conflitto in corso, proteggendola con una presenza internazionale dalle incursioni di esercito e paramilitari.
In Albania i volontari hanno continuato a scortare disarmati i bambini e le loro famiglie minacciate dalla vendetta delle faide.
In Libano hanno protetto i profughi fuggiti dalla Siria dagli sgomberi e dalle incursioni dell’esercito.
Grazie ai corridoi umanitari, legali e sicuri, sono riusciti a portare in Italia le famiglie più fragili.