25 Aprile, Manghi: muri contro migranti vittoria del terrorismo

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DSCF3777REGGIO EMILIA – Discorso di Giammaria Manghi, Presidente della Provincia di Reggio Emilia:

“Un saluto a questa piazza, una piazza di speranza, una piazza testimoniante piena di persone, saluto in particolare i ragazzi che poi interverranno impreziosendo con il loro racconto e le esperienze che hanno fatto, saluto le autorità, i cittadini tutti.

In questo 25 aprile, a 72 anni dalla liberazione dal nazi-fascismo e dagli orrori dei campi di sterminio, l’Europa è nuovamente attraversata da inquietanti impeti di marcato respiro nazionalista e da gravi fatti di sangue ai quali speravamo di non dover assistere più. Affiora nuovamente, in modo nitido purtroppo, una tendenza progressiva e generale nei governi e in diverse forze politiche europee a orientarsi sempre più verso una visione autarchica di ispirazione protezionista e verso una diminuzione della collaborazione e cooperazione tra i popoli, in direzione di una supposta stagione nuova e di un ordine nuovo. Un ordine assai discutibile e pericoloso, improntato alla chiusura economica e sociale, ai muri e al mercantilismo. Furono proprio questi i prodromi – abbiamo il dovere, anche morale, di ricordarlo sempre – che consentirono, negli anni ’20 e ’30 del secolo passato, l’affermazione e l’ascesa al potere di movimenti eversivi e autoritari, che portarono i nostri Paesi al naufragio della Seconda Guerra Mondiale.

È giusto e necessario afferire di nuovo alla lezione del passato, di una storia che deve continuare a esserci maestra di vita. Non possiamo permettere che inquietudine e sofferenza, come di fronte alla notizia di nuovi vili attacchi terroristici quale quello accaduto giovedì scorso a Parigi, ci portino a dimenticarla. Dobbiamo sempre ricordare che il nazionalismo e le politiche di potenza, l’esclusione sociale e l’odio aggravano irrimediabilmente, anziché risolvere, i problemi dei nostri Paesi.

Lo dobbiamo innanzitutto a chi, scegliendo di partecipare alla Resistenza, diede la vita per donarci la libertà, lo dobbiamo a noi stessi, alle generazioni che crescono e lo dobbiamo anche alle vittime del terrorismo internazionale. Vittime di una guerra non dichiarata, che non ha un fronte o campi di battaglia ben delineati, ma che si è globalizzata come questa epoca ricca di opportunità e di altrettante contraddizioni, spargendo sangue innocente a Parigi, Nizza, Bruxelles, Berlino, Londra, Stoccolma, e poi ancora a Dacca, Tunisi, Ankara senza dimenticare la Siria e le tensioni nordcoreane con gli Stati Uniti di questi giorni. Non possiamo consentire che il sacrificio di queste persone e il dolore dei loro cari vengano resi del tutto vani da una nostra reazione scomposta e priva di lucidità, dettata dalle minacce del terrore e della paura.

Il ricordo delle vittime del terrorismo e delle guerre che ancora si continuano a combattere nel mondo si unisce, dunque, oggi all’omaggio mai rituale che rendiamo alla memoria dei reggiani e degli italiani che 72 anni fa pagarono con la vita il riscatto dell’Italia e la conquista della libertà e della democrazia.

Non possiamo e non vogliamo essere una generazione tanto insipiente da non preservare quel bellissimo dono consegnatoci dai resistenti, costituito da oltre settant’anni di pace, di libertà e di democrazia.

Un dono prezioso, il più importante, che in diverse parti del mondo oggi non è attualizzato. Anche per questo, non possiamo che guardare con forte preoccupazione al dilagare di logiche basate sull’esclusione e la paura; basti pensare all’uscita della Gran Bretagna dalla casa comune europea o al rigurgito del sovranismo che promette di demolire la casa comune della cooperazione pacifica dei popoli europei. Segnali inquietanti di un modo non adeguato di affrontare le nuove sfide rappresentate da fenomeni globali, di fronte ai quali, come ci ammoniva il sociologo tedesco Ulrich Beck, “non ci si può salvare da soli”.

Di queste nuove sfide, l’immigrazione rappresenta forse quella più impegnativa. Che non può certamente essere vinta con la logica dell’ “io”, pensando all’essere primi e dimenticando gli ultimi. Perché quest’ottica, come purtroppo stiamo vedendo, è in grado solo di innalzare barriere e inasprire diseguaglianze e conflitto e non di creare benessere, sicurezza e progresso.

I muri contro i migranti sono una vittoria del terrorismo.

Ricordando Enrico Berlinguer: “Ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno”. Dobbiamo allora essere consapevoli che solo tutti insieme “noi” – noi intesi come comunità reggiana, come popolo italiano, come casa comune europea – possiamo vincere questa sfida, decisiva non solo per i destini delle centinaia di migliaia uomini, donne e bambini che chiedono aiuto, ma per il futuro stesso del nostro Paese e di un’Unione Europea chiamata a sostanziare con i fatti il riconoscimento della dignità umana a cui si ispira.

Certo, la cultura dell’accoglienza e dell’integrazione è più difficile da attuare in una lunga stagione di crisi economica come quella che per certi aspetti stiamo ancora vivendo, ma è proprio in questi frangenti che i cittadini del mondo hanno la possibilità di scegliere tra ciò che è giusto e ciò che invece non lo è. Proprio come 72 anni fa furono chiamati a scegliere da quale parte stare i giovani, le donne e gli uomini che hanno fatto la Resistenza.

Anche Reggio Emilia, l’Italia e l’Europa sono chiamate a proseguire sulla strada dell’incontro – un incontro che deve essere regolato in maniera chiara, sulla base di decisioni politiche condivise e non di ricatti emotivi – che già nel tempo ha prodotto esperienze positive di integrazione con cittadini di altri Paesi, di altre culture e di altre fedi religiose. E’ ciò che accade ogni giorno sui banchi di scuola e nei luoghi di lavoro, quel lavoro che rappresenta l’altra sfida che siamo chiamati ad affrontare.

Perché la Costituzione, nata dalla Resistenza che oggi ricordiamo, vive solo se si riescono a garantire i diritti di ognuno di noi, a partire dalla dignità che va riconosciuta ad ogni persona. Questi diritti si realizzano anche grazie a quel lavoro sul quale si fonda la nostra Repubblica democratica. Un lavoro che deve essere sicuro e giusto, in grado di assicurare a ogni famiglia un’esistenza libera e dignitosa, e che non deve vedere, come purtroppo è accaduto ancora una volta proprio pochi giorni fa qui a Reggio Emilia, giovani di vent’anni uscire la mattina per andare al lavoro e non fare più ritorno a casa.

Non dobbiamo mai dimenticare che la Costituzione pone il lavoro come principale mezzo di affermazione e di realizzazione della persona, concependolo come strumento di elevazione sociale e culturale di ogni cittadino. E che, dunque, l’occupazione è una delle questioni fondamentali rispetto alle quali si gioca la capacità di una società di dare risposta alle esigenze fondamentali dei singoli e della comunità. Ognuno di noi, ed in particolare chi ha responsabilità istituzionali, politiche e sociali, è chiamato attraverso il proprio impegno a ricercare gli strumenti adeguati per promuovere il bene comune, consentendo ad ogni essere umano di esprimere e condividere con gli altri i propri talenti, attraverso le proprie scelte e il proprio agire.

È quindi necessario – oggi, giorno in cui celebriamo il 25 aprile e ricordiamo la Costituzione e, di conseguenza, la Repubblica fondata sul lavoro – ribadire il nostro impegno insieme ideale e fattivo, come istituzioni, in favore di chi l’occupazione l’ha perduta. Pur in un contesto in cui i dati complessivi della nostra provincia, messi a confronto con quelli del resto del Paese Italia sono positivi, il nostro pensiero e il nostro impegno si rivolgono soprattutto a coloro che il lavoro lo hanno smarrito in un contesto ampio e nel quale, a fianco della tenuta e dell’affermazione di tanti soggetti imprenditoriali, si è verificato, anche recentemente, il crollo di esperienze storiche – di varie ispirazione e provenienza – che avevano saputo contribuire nei decenni passati ad una diffusione larga di equità e benessere.

Eliminare diseguaglianze e disequilibri, promuovere l’affermazione della dignità delle persone, nell’ambito di un processo delicato quanto urgente di indispensabile pacificazione del contesto internazionale … Sono questi, dunque, tra gli altri, per concludere, gli impegni che dobbiamo assumerci per attualizzare il portato ideale che viene dalla Resistenza ed onorare in modo adeguato il 72esimo anniversario della Liberazione.

Nella speranza di essere all’altezza di farlo,

Viva la Resistenza! Viva il 25 Aprile! Viva l’Italia!”