Ferrara torna a ricordare il doloroso esodo dal confine orientale e i suoi tanti protagonisti

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Giorno del Ricordo  2017: Programma di iniziative e incontri tra il 9 febbraio e l’1 marzo

programma-giorno-ricordo-2017_1FERRARA – A settant’anni dal Trattato di Parigi che ha ridisegnato il confine orientale italiano, Ferrara torna a rievocare, in occasione del ‘Giorno del Ricordo’, le vicende di quelle terre e delle loro genti durante e dopo la Seconda guerra mondiale.

E lo fa anche quest’anno con una serie di iniziative, tra cerimonie, incontri di approfondimento e proposte musicali, fra il 9 febbraio e l’1 marzo prossimi, che mirano a ripercorrere alcuni degli avvenimenti più drammatici della recente storia italiana e a commemorare i suoi tanti sventurati protagonisti. A completare il calendario sarà poi una nutrita serie di incontri riservati agli studenti delle scuole del territorio.

Regista e coordinatore del programma di eventi è, come di consueto, il Comitato di Ferrara dell’associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, con la collaborazione del Comune di Ferrara, del Museo civico del Risorgimento e della Resistenza, della sezione cittadina dell’associazione nazionale Partigiani cristiani e dell’Istituto di Storia contemporanea di Ferrara.

Del calendario e del significato delle iniziative hanno parlato stamani (3 febbraio) in conferenza stampa il vicesindaco Massimo Maisto, il presidente del Comitato ferrarese dell’Associazione Venezia Giulia e Dalmazia Flavio Rabar e Achille Galassi, docente del Conservatorio musicale “G.Frescobaldi” di Ferrara.

Ringraziando gli organizzatori del programma Maisto ha sottolineato come “Ferrara sia una delle città che, in Italia, ha preso con maggiore impegno la celebrazione del Giorno del Ricordo, unendo alle iniziative istituzionali, come l’intitolazione, un anno fa, della rotonda di corso Isonzo ai Martiri delle foibe, che il 10 febbraio prossimo ricorderemo con una cerimonia, a eventi culturali e di approfondimento che trasformano il ricordo in qualcosa di vivo”.

programma-giorno-ricordo-2017_2“Dal 2007 – ha ricordato Rabar la nostra associazione, grazie al supporto del Comune e di tanti altri soggetti cittadini, organizza ogni anno un programma di eventi per celebrare questa ricorrenza e ricordare il dramma di chi ha vissuto l’esodo. Quest’anno ricorrono tra l’altro i settant’anni dal Trattato di Parigi che ha determinato il tragico incremento delle uscite degli italiani dalle terre divenute della Jugoslavia, e il loro esodo incontro a un incerto destino. Gli esuli italiani – ha rammentato ancora Rabar – furono circa 350mila, 80mila dei quali emigrarono in Australia, Stati Uniti, Canada, Uruguay e altri Stati ancora, mentre tutti gli altri si stabilirono, fra mille difficoltà, in un’Italia segnata da anni di guerra”.

“Anche quest’anno – ha svelato Achille Galassi – abbiamo voluto dedicare l’ormai tradizionale concerto del Giorno del ricordo, previsto per sabato 11 febbraio alle 16 a palazzo Bonacossi, a un autore istriano, scegliendo per l’occasione Antonio Smareglia, di cui proporremo musiche tratte dall’opera ‘Nozze istriane'”.

RICORDO DI UN ESODO – INCONTRI TRA I RICORDI

PROGRAMMA:

programma-giorno-ricordo-2017_3GIOVEDI’ 9 FEBBRAIO 2017 – ore 15.30
Comune di Codigoro – Palazzo del Vescovo – Riviera Cavallotti, 27
Incontro con la cittadinanza su “Istria, Fiume e Dalmazia – Avvenimenti e conseguenze”. Illustrazione degli eventi da parte della Prof.ssa Anna Quarzi, Direttrice dell’Istituto dì Storia Contemporanea di Ferrara e di Flavio Rabar, Presidente del Comitato Provinciale di Ferrara dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, che ricorderà la figura dell’Aw. Alceo Ranzato, esule da Fiume, affermato professionista che ricoprì la carica di Vice Sindaco di Codigoro.

VENERDI’ 10 FEBBRAIO 2017 – ore 12.00
Ferrara – Rotonda confluenza Corso Isonzo, Corso Piave, Via Ripagrande, Via Piangipane
Omaggio ai “Martiri delle Foibe”, cui è intitolata la rotonda. Deposizione di corona d’alloro, alla presenza di Autorità, Associazioni, Cittadinanza ed una rappresentanza di Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati di Ferrara.

VENERDI’ 10 FEBBRAIO 2017 – ore 16.00
Prefettura di Ferrara, C.so Ercole I D’Este, 16
Tradizionale incontro degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati e della Cittadinanza con il Prefetto di Ferrara, Dott. Michele Tortora e le Autorità cittadine. Partecipazione ed esibizione di musicisti del Conservatorio Musicale di Ferrara.

SABATO 11 FEBBRAIO 2017 – ore 16.00
Ferrara – Palazzo Bonacossi – Via Cisterna del Follo, 5
Tradizionale concerto pomeridiano del Conservatorio di Musica di Ferrara “Girolamo Frescobaldi” in occasione del “Giorno del Ricordo 2017”

DOMENICA 12 FEBBRARIO 2017 – ore 10.30
Duomo di Ferrara – Piazza Cattedrale
Durante la Santa Messa domenicale, il celebrante ricorderà le genti dell’Istria, Fiume e Dalmazia. Alla fine della Santa Messa lettura della “Preghiera per l’infoibato”, scritta da S.E. Mons. Antonio Santin, Vescovo della Diocesi di Trieste e Capodistria dal 1938 al 1975.

VENERDI’ 24 FEBBRAIO 2017 – ore 10.30
Ferrara – Istituto “Vergani Nararra” – Via Sogari, 3
Incontro con gli studenti e la cittadinanza in occasione del 70° anniversario del Trattato di Pace di Parigi del 10 febbraio 1947, a cura del Prof. Davide Rossi, nipote di esuli istriani, docente di Storia e Tecnica delle Codificazioni e Costituzi­oni Europee, presso l’Università di Trieste, Vice Presidente di Coordinamento Adriatico che interverrà su: “A settant’anni dal Trattato di Pace di Parigi (1947/2017): una questione adriatica ancora irrisolta?”
Precederà un intervento di Enrico Trevisani, storico ferrarese dell’Archivio Storico Comunale di Ferrara.

MERCOLEDI’ 1 MARZO 2017 – ore 21.00
Ferrara – Casa della Patria “Pico Cavalieri” – C.so Giovecca, 165
In collaborazione con l’Associazione Culturale di Ricerche Storiche “Pico Cavalieri”
La Prof ssa Licia Giadrossi di Trieste, di famiglia lussignana, tratterà “La storia ed i personaggi di Lussino”

LA SCHEDA a cura degli organizzatori
GIORNO DEL RICORDO 2017
Ricorre quest’anno il settantesimo anniversario del Trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947, ratificato dall’Assemblea Costituente il 31 luglio 1947 (262 favorevoli, 68 contrari e 80 astenuti) ed entrato in vigore il 15 settembre 1947.
Da quella data passavano, anche formalmente, alla Jugoslavia l’Istria, le città di Fiume e di Pola e le isole di Cherso e Lussino. La costituzione del Territorio Libero di Trieste, diviso in due parti: una zona “A” con Trieste amministrata da un governo militare alleato ed una zona “B” con le cittadine di Capodistria, Pirano, Umago, Cittanova e Buie, amministrata dalla Jugoslavia. Tale situazione ebbe una prima definizione nel 1954 con il ritiro degli alleati da Trieste ed il passaggio della zona “A” (salvo piccoli aggiustamenti) all’amministrazione italiana. Il tutto trovò la sistemazione definitiva nel 1975 con il trattato di Osimo.
La tribolata sistemazione dei territori della Venezia Giulia e Dalmazia, con la caduta dell’Impero Austro-Ungarico dopo la Prima Guerra Mondiale, portarono all’Italia l’Istria, Fiume, Zara e le Isole di Cherso e Lussino, permanendo la significativa presenza di popolazioni slovene e croate, vissute in un clima di continui contatti con gli Italiani del luogo.
Pur avendo presente che allora in Europa nessuno Stato aveva una legislazione a tutela delle minoranze, l’avvento del fascismo portò a forti discriminazioni nei confronti di sloveni e croati (chiusura di scuole, di associazioni, obbligo di usare esclusivamente la lingua italiana, cambiamento della toponomastica, ecc.). La situazione si fece più tesa con l’invasione, il 6 aprile 1941, della Jugoslavia da parte di tedeschi, italiani, ungheresi e bulgari, unitamente alle diverse forze del Paese schierate con gli invasori. La lotta fu particolarmente dura, con efferati episodi di violenze, ed alla fine, anche con l’appoggio anglo americano, prevalsero i Partigiani di Tito che presero possesso dei territori della Venezia Giulia, di Fiume e di Zara.
Già dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 i partigiani di Tito presero possesso di tutta l’Istria (ad eccezione delle città di Trieste, Gorizia, Pola e Fiume), l’esercito italiano era in completa dissoluzione e si scatenò un’ondata di violenza nei confronti degli italiani, centinaia dei quali vennero gettati nelle foibe. Con il ritorno dei tedeschi, dai primi di ottobre 1943 vennero esplorate alcune foibe ed estratti oltre 200 cadaveri, poi le vicende della guerra impedirono altre esplorazioni. Quando la guerra stava volgendo al termine, il 1° maggio 1945 l’esercito (ormai tale era diventato) jugoslavo prese possesso di Trieste ed il 3 maggio di Fiume e Pola e degli altri territori. Si ripeterono le persecuzioni e violenze, non solo nei confronti dei fascisti ma anche di componenti del Comitato di Liberazione Nazionale di Trieste e di esponenti di partiti antifascisti che erano contrari all’annessione della Venezia Giulia alla Jugoslavia. Fra coloro che vennero gettati nelle foibe, fucilati, annegati, morti nei campi di prigionia di Tito e nelle marce per arrivarci, migliaia furono le vittime. Non furono solo vendette (come avvennero dopo la guerra in tutta l’Europa) ma un preciso disegno politico. Il 21 luglio 1991 in un’intervista a “Panorama” Milovan Gilas (stretto collaboratore di Tito durante la guerra) disse: “Nel 1946 io e Edward Kaedelj – altro stretto collaboratore di Tito – andammo in Istria a organizzare la propaganda anti italiana. Bisognava indurre gli italiani ad andare via con pressioni di ogni tipo”.
E gli italiani, che in quelle terre si trovavano da secoli, in particolare dopo la firma del Trattato di Pace, lasciarono le loro case per la forzata rimozione dell’italianità, le politiche violente e repressive attuate dai seguaci di Tito e la sensazione assai forte di essere separati per sempre dalla madrepatria. Circa 350.000 italiani lasciarono i luoghi natii, accusati in Italia dal Partito Comunista di essere nazionalisti, fascisti o sfruttatori degli abitanti sloveni e croati. Non ci furono differenze di classe, fu la popolazione italiana in blocco a lasciare la propria terra. Dai dati forniti dall’Opera per l’assistenza ai profughi risulta che: il 45,6% erano operai, il 17,6% impiegati e dirigenti, il 7,7% commercianti ed artigiani, il 5,7% libere professioni, il restante 23,4% bambini, anziani e persone non in condizione lavorativa.
In Italia, uscita sconfitta dalla guerra e con città ove erano evidenti i segni dei bombardamenti aerei, gli esuli vennero sistemati in caserme dismesse, in campi di prigionia per soldati alleati, in scuole ed altri ricoveri di fortuna, come alla Risiera di San Sabba a Trieste, ove esisteva l’unico forno crematorio in Italia; a Fossoli (MO), prima campo di prigionia per soldati alleati, poi dopo l’8 settembre 1943,campo di transito per partigiani, ebrei, oppositori antifascisti, avviati verso un incerto destino; e a Fraschette (FR) ex campo di internamento per civili jugoslavi. Circa 80.000 Giuliano Dalmati emigrarono verso Australia, Stati Uniti, Canada, Uruguay ed altre mete ancora, altri riuscirono a trovare una sistemazione autonoma, i rimanenti inviati in uno dei 109 campi profughi sparsi in tutta la penisola. Quest’ultima sistemazione durò molti anni, nel 1963 esistevano ancora 15 campi profughi con la presenza di 8.493 esuli e solo negli anni ’70 la situazione si concluse.
La capacità dei profughi di risollevarsi dipese principalmente dalla loro proverbiale dedizione al lavoro, rispetto per le leggi e per il prossimo.